AIDC - Sezione di Milano

Denuncia del 01/07/2007
Illegittimità comunitaria: tassazione del valore normale nelle cessioni di immobili soggette ad IVA (come prevista dall'art. 54 D.P.R. n. 633/1972)


D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54

Denuncia del 1 luglio 2007 n. 4
Illegittimità comunitaria: tassazione del valore normale nelle cessioni di immobili soggette ad IVA (come prevista dall'art. 54 D.P.R. n. 633/1972)
SOMMARIO
»
» Art. 1
» Art. 2
» Art. 3
» Art. 4
» Art. 5
» Art. 6
» Art. 7
» Art. 8
» Art. 9
» Art. 10
» Art. 11

Commissione

DENUNCIA - FISCALITA' INDIRETTA
A CURA DELLA COMMISSIONE PER L'ESAME DELLA COMPATIBILITA' COMUNITARIA DI NORME E PRASSI TRIBUTARIE ITALIANE

Componenti:

Centore Avv. Paolo

Holzmiller Dr. Giuseppe - Presidente (relatore)

Piazza Dr. Marco

Poggi Longostrevi Dr. Stefano - Segret. e deleg. alla divulg.ne

Savorana Dr. Alessandro

Valcada Avv. Massimiliano

Esperti:

Capelli Prof. Fausto; Marzorati Dr. Guido; Rizzardi Dr. Raffaele; Roscini Vitali Rag. Franco; Zizzo Prof. Giuseppe

Art. 1

1. Norme nazionali confliggenti (disapplicabili)

Con riferimento alle operazioni di cessione degli immobili soggetti all'Imposta sul Valore Aggiunto (in seguito: "IVA"), è dato rilevare come il legislatore, nel perseguire intenti di maggiore gettito tributario in un dichiarato ambito di lotta all'evasione fiscale, abbia adottato le seguenti misure legislative che appaiono del tutto confliggenti con i precetti imposti dalla Direttiva Comunitaria n. 77/388/CEE e successive modificazioni e integrazioni (in seguito: "Sesta Direttiva"), ora rifusi nella novella direttiva n. 2006/112/CE (d'ora in poi anche: "Novella Direttiva") entrata in vigore con il 1° gennaio 2007.
I) IN MERITO ALLA IMPOSIZIONE AL VALORE NORMALE
Il primo periodo del comma 3 dell'art. 54 D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (in seguito: "Legge IVA"), disponendo in merito alla rettifica delle dichiarazioni IVA ad opera dell'Ufficio impositore così recita:
"L'Ufficio può ... ... ... tuttavia procedere alla rettifica [della dichiarazione IVA-n.d.r.] ... ... ... qualora l'esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione ... ... ... risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva , da verbali, questionari e fatture ... ..., dagli elenchi allegati alle dichiarazioni di altri contribuenti o da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti nonché da altri atti e documenti in suo possesso ".
L'art. 35, c. 2, del decreto legge n. 223/2006 (a sua volta modificato dall'art. 1, c. 307, legge n. 296/2006, detta anche legge finanziaria per il 2007), ha aggiunto al suddetto c. 3 dell'art. 54 legge IVA un ultimo periodo che così dispone:
"Per le cessioni aventi ad oggetto BENI IMMOBILI e relative pertinenze, la prova di cui al precedente periodo ( "certa e diretta" e non in via presuntiva - n.d.r.) si intende integrata anche se l'esistenza delle operazioni imponibili o l'inesattezza delle indicazioni (prezzo corrispettivo - n.d.r.) di cui al secondo comma sono desunte sulla base del valore normale dei predenti beni determinato ai sensi dell'art. 14 del presente decreto ".
Per la lettura dell'intero art. 54 legge IVA a risultanza delle suddette integrazioni apportate al comma 3, si veda il relativo Allegato (ALLEG. 1)
A sua volta l'art. 14 della stessa legge IVA, al comma 3 e 4, così recita:
- Per valore normale dei beni e dei servizi si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni e servizi ... ... della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui è stata effettuata l'operazione o nel tempo e nel luogo più prossimi.
- Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe dell'impresa che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini della Camera di Commercio più vicina, alle tariffe professionali ed ai listini di borsa.
Gli estensori del presente elaborato non ritengono di dover rappresentare qui la differenza di contenuto del sopra riportato art. 14 (valore normale) rispetto a quello recato dall'art. 72 (valore normale) della novella Direttiva, in quanto ritengono che, nel caso di specie, debba essere respinto sul nascere ogni tentativo di applicazione del valore normale indipendentemente dalla suddetta diversità di nozione.
Il comma 307 dell'art. 1 della medesima "Legge Finanziaria per il 2007" (legge n. 296/2006) introduce poi la curiosa modalità di determinazione del valore normale disponendo che " per la uniforme e corretta applicazione delle norme dell'art. 54, terzo comma, del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (Legge IVA) ... ... con Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate sono individuati periodicamente i CRITERI UTILI per la determinazione del valore normale dei fabbricati ai sensi dell'art. 14 del citato Decreto n. 633 del 1972 ... ... ". (ALLEG. 2)
Infine la Circolare generale dell'Agenzia delle Entrate n. 6/E del 6 febbraio 2007 dispone che " in attesa del Provvedimento del Direttore dell'Agenzia, previsto dal comma 307 della Legge Finanziaria per il 2007, gli uffici potranno avvalersi, con riferimento al trasferimento dei fabbricati, dei valori indicati nella banca dati delle quotazioni immobiliari dell'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del Territorio ... ... ". (ALLEG. 3)
Con le predette disposizioni, l'Agenzia delle Entrate avoca dunque a sé il potere di determinare i criteri utili per la determinazione dei valori normali di tutte le cessioni di immobili soggette ad IVA, senza avere alcun riguardo ai prezzi realmente pagati dai relativi cessionari. SIC!
Ma non basta!
II) RETROATTIVITA' DELLA NORMA
Con la circolare "generale" n. 11/E emessa dall'Agenzia delle Entrate il 10 febbraio 2007, in materia di accertamento ai fini IVA degli immobili trasferiti con riferimento al valore normale, l'Agenzia delle Entrate sostiene che le disposizioni suddette (accertamento al "valore normale"), in quanto riguardano il procedimento accertativo (e dunque di natura procedimentale), " sono retroattive ". (ALLEG. 4)
III) VALORE NORMALE "MINIMO" IMPONIBILE DI RIFERIMENTO
La legge 4 agosto 2006, n. 248 che converte il D.L. n. 223/2006, ad integrazione dell'art. 35 e dopo il comma 23 dello stesso D.L. convertito, prevede che:
"dopo il comma 23 sono inseriti i seguenti:
"23-bis. - Per i trasferimenti immobiliari soggetti ad IVA finanziati mediante mutui fondiari o finanziamenti bancari , ai fini delle disposizioni di cui all'art. 54 del decreto del Presidente 26 ottobre 1972 n. 633, terzo comma, ultimo periodo (ovverossia la novella disposizione di cui al suddetto punto I - n.d.r.) il valore normale non può essere inferiore all'ammontare del mutuo o finanziamento erogato». ". (ALLEG. 5)
"23-ter. - ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... (omissis) ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ".
Ai fini che qui interessano, detto finanziamento o mutuo assume pertanto la qualificazione di soglia minima imponibile ai fini IVA come infatti riferisce la stessa Agenzia delle Entrate con sua Risoluzione del 1° giugno 2007, n. 122 (ALLEG. 6) che, fra l'altro, così si esprime:
"L'art. 35, comma 23-bis, del D.L. n. 223 del 2006 ... ... ha introdotto una norma specifica per i trasferimenti immobiliari soggetti ad IVA finanziati mediante mutui fondiari o finanziamenti bancari ... ... .
La norma, introducendo una presunzione legale relativa ai fini della rettifica della dichiarazione IVA, fissa un parametro di riferimento per la determinazione del valore normale.
L'importo finanziato, in particolare, costituisce la SOGLIA MINIMA alla quale rapportare il valore commerciale dell'immobile al fine di determinare il valore normale ai sensi dell'art. 14 del D.P.R. n. 633 del 1972.
... ... Ciò non esclude che l'Ufficio ... possa determinare il valore normale dell'immobile in misura superiore all'ammontare del mutuo stesso ".
IV) PROVA CONTRARIA AL PREDETTO VALORE NORMALE "MINIMO"
In merito all'efficacia presuntiva del suddetto valore normale minimo la stessa Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 122/2007, fra l'altro, così recita:
"Nel caso in cui nel contratto sia specificato che parte della somma mutuata è destinata a coprire i costi di ristrutturazione dell'immobile, per vincere la presunzione ... occorre fornire la prova documentata dei lavori di ristrutturazione effettuati sull'immobile acquistato.
A tale scopo potranno essere esibite le autorizzazioni ove previste, i preventivi relativi ai lavori da svolgere, le fatture di pagamento e ogni altra utile documentazione ".
A risultanza delle predette precisazioni dell'Agenzia delle Entrate è dato ritenere che la prova contraria producibile dai contraenti deve essere di natura documentale relativamente al "solo" comportamento dell'acquirente diretto all'attuazione dei lavori di ristrutturazione dell'immobile.
Ora, questa circostanza determina una situazione di impotenza probatoria del venditore poiché, sulla successiva attività di ristrutturazione dell'acquirente, egli non possiede alcun potere di influenza né, tantomeno, alcun diritto di richiedergli la prova documentale di detta sua attività che, valga ricordarlo, è sempre successiva alla cessione immobiliare.
Per quanto attiene invece alla posizione dell'acquirente, che dovrebbe ristrutturare l'immobile, giova osservare che la base imponibile IVA, relativa all'acquisto immobiliare, può ben variare a seconda del caso in cui egli decida di svolgere tali lavori di ristrutturazione oppure decida di non svolgerli affatto oppure di svolgerli solo in parte destinando ad altre finalità parte della somma mutuatagli. Di conseguenza la somma di mutuo non utilizzata per i lavori immobiliari va ad aumentare l'imponibile IVA.

Art. 2

2. Norma comunitaria prevalente (applicabile)

Una volta optato per l'assoggettabilità all'IVA ai sensi dei correlati articoli 135 e 137 della Novella direttiva 2006/112/CE (che hanno recepito il rifuso articolo 13 lettere "B" e "C" della sesta direttiva n. 77/388/CE), risulta con tutta evidenza che la cessione di immobili rientra normalmente nel sistema generale di imposizione dell'IVA.
L'art. 73 della novella Direttiva (in quanto recepente l'art. 11-A, comma 1, lettera "a" della sesta direttiva), così recita:
"Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni ".
E' opportuno ricordare che i richiamati articoli da 74 a 76 riguardano principalmente operazioni di autoconsumo ed altre forme di destinazione dei beni a finalità diverse dall'impresa, mentre l'art. 77, che prevede l'imposizione al valore normale, riguarda esclusivamente il caso (non recepito nell'ordinamento italiano) di taluni particolari servizi prestati all'interno dell'azienda che, se prestati dall'esterno, non darebbero diritto per intero alla detrazione IVA.
Per quanto attiene invece alla possibilità che gli Stati membri applichino l'IVA al valore normale dei "beni" oggetto di cessione , l'art. 80 par. 1 della novella direttiva (che ha recepito l'art. 11, parte A, par. 6, c. 2 della sesta direttiva come già, a sua volta, modificato e integrato dalla direttiva 2006/69/CE del 24 luglio 2006), limita tale possibilità esclusivamente alle cessioni di beni subordinatamente alla doppia condizione che (i) fra i cedenti ed i destinatari intercorrano legami familiari o altri stretti vincoli personali, gestionali, associativi, di proprietà, finanziari o giuridici e che (ii) uno dei due predetti soggetti si trovi in situazioni di "pro-rata" o di altra situazione limitativa delle detrazioni dell'IVA, alterabile con la fissazione di un corrispettivo strumentalmente dimensionato in misura tale da avvantaggiare una delle parti, rispetto ad una "normale" determinazione del prezzo che si sarebbe avuta tra le parti indipendenti fra loro.
Al riguardo, è appena il caso di precisare che può essere attuata solo per prevenire distorsioni di concorrenza dandone idonea informazione al "Comitato IVA".
Dunque, al di fuori dei particolarissimi casi previsti nei richiamati articoli da 74 a 77 ed 80 della novella Direttiva IVA, "la base imponibile della cessione dei beni è formata esclusivamente da tutto ciò che costituisce il corrispettivo («reale» - n.d.r.) versato o da versare al fornitore" (art. 73 della stessa Direttiva).
Di conseguenza la generalità delle cessioni degli immobili assoggettati ad IVA non può mai essere tassata in base al loro valore normale per esplicita previsione normativa comunitaria.
E se la norma comunitaria si esprime già con tutta chiarezza, la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia appare addirittura più ferma ed intransigente, come si vedrà nel proseguo della presente esposizione trattando, sul punto, della giurisprudenza comunitaria.
Infine, la teorica possibilità, per le parti contraenti, di produrre la prova contraria alla presunzione del valore minimo imponibile (costituito dalla somma finanziata all'acquirente) risulta poi dettata in totale spregio del PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA' il quale vieta di porre a carico del contribuente oneri il cui assolvimento si rivela particolarmente difficoltoso.
Infatti, come è già stato dimostrato nel capitolo precedente (n. 1), l' onere probatorio posto a carico del venditore dell'immobile si rivela addirittura "diabolico" poiché quasi sempre "impossibile", costringendolo a soggiacere impotente al descritto meccanismo di rettifica impositiva.
Analogamente, l' acquirente dell'immobile viene privato del diritto a produrre ogni prova contraria alla ripetuta presunzione, allorché egli abbia deciso di destinare altrove tutta o parte della maggiore somma erogatagli (a fronte delle già previste ristrutturazioni) in un momento successivo all'acquisto dell'immobile.

Art. 3

3. Motivi di inapplicabilità di eventuali deroghe comunitarie

Lo Stato italiano ha emanato la norma in commento con la dichiarata finalità di evitare evasioni di IVA attuabili dai contribuenti meno onesti mediante l'enunciazione dei prezzi di trasferimento immobiliari inferiori a quelli effettivamente stabiliti fra le parti.
Cionondimeno non risulta che lo Stato abbia chiesto ed ottenuto la specifica autorizzazione ad introdurre misure particolari in deroga alle prescrizioni della novella direttiva, come anche interpretate dalla Corte di Giustizia, prevista, per i casi di specie, dall'art. 395 della direttiva stessa (a risultanza dell'avvenuta rifusione dell'art. 27, c. 2 della sesta direttiva IVA).
Non risulta neppure che una deroga del genere, sia pure finalizzata a contenere l'evasione, possa essere consentita ai sensi della novella Direttiva in quanto comporterebbe inevitabilmente un vero e proprio sconvolgimento nel sistema comune dell'IVA, alla stregua di quanto sta ora avvenendo all'interno dello Stato italiano, fin qui strenuamente combattuto dalla Corte di Giustizia.
E ciò, per tacere della sproporzione degli effetti che creerebbe l'ipotizzata deroga (tassazione al valore normale) rispetto al fine di ostacolare l'evasione, solo laddove esistente, perseguibile con ben altri strumenti repressivi più mirati.
Di fatto una deroga del genere incentiverebbe un qualsiasi Stato membro a sospendere ogni azione repressiva dell'evasione effettiva ed a sostituirla con più facili strumenti giuridici composti "a tavolino".
Ed è fin troppo facile comprendere quanto un simile modo di gestire il gettito dell'IVA sia contrario ai criteri irrinunciabili di neutralità e di trasparenza della stessa imposta .

Art. 4

4. Sussistenza dei requisiti di diretta applicabilità della norma comunitaria

L'art. 73 della novella Direttiva, prima richiamato, esplica diretta efficacia in quanto appare dal punto di vista sostanziale:
- incondizionato «sì da non lasciare margine di discrezionalità agli Stati membri nella sua attuazione»;
- sufficientemente preciso «nel senso che la fattispecie astratta ivi prevista ed il contenuto del precetto ad essa applicabile devono essere determinati con compiutezza in tutti i loro elementi».
Risulta infine che lo Stato Italiano, introducendo la tassazione dell'IVA sul "valore normale" degli immobili, non ha dato corretta attuazione alla direttiva in questione pur essendo abbondantemente scaduto il termine ultimo per la sua attuazione (1° gennaio 1978 prorogato al 1° gennaio 1979 con Direttiva n. 78/583/CEE ora rifusa nella novella direttiva).
Pertanto, di fronte a disposizioni di diritto interno, emanate dallo Stato membro in deroga all'art. 73 della novella direttiva, ma non autorizzate dalle Istituzioni CEE, oppure davanti a disposizioni nazionali emendatrici ma non collegate in modo specifico alla direttiva di cui trattasi, il singolo contribuente può chiedere ai giudici nazionali di far valere direttamente le norme CEE, così come confermato dalle sentenze della Corte di Giustizia (per tutte v. Sent. 24 marzo 1987, in C-286/85) e riconosciuto dalla stessa Corte Costituzionale italiana (per tutte v. sentenza n. 168 dell'8 aprile 1991).
Anche la Pubblica Amministrazione è tenuta a dare immediata applicazione alle disposizioni comunitarie disapplicando la confliggente normativa nazionale così come ribadito dalle sentenze succitate.
Men che meno la Pubblica Amministrazione può forzare l'interpretazione della norma comunitaria sostenendo la liceità di una misura di prevenzione all'evasione fondata sulla tassazione di un valore dissimile al prezzo reale ancorché determinato con criteri di apparente obiettività.
Circostanza, questa, che pone detta norma nazionale in conflitto con la disposizione della direttiva comunitaria la quale possiede tutti i requisiti per prevalere comunque sulla norma interna di cui si tratta.
Giova anche considerare che le sentenze interpretative della Corte di Giustizia, emesse ex artt. 226 e 234 CE, posseggono .
Per la migliore identificazione delle sentenze interpretative relative al caso di specie viene fatto rinvio al successivo paragrafo 5 in tema di "precedenti giurisprudenziali".

Art. 5

5. Precedenti giurisprudenziali

Appaiono decisive, al riguardo, le sentenze della Corte di Giustizia appresso richiamate fatta avvertenza che, , i principi di effettività, di neutralità e di trasparenza , sottesi all'applicazione dell'IVA, valgono tanto per le prestazioni di servizi quanto per la cessione di beni.
Di conseguenza non è inutile ricordare che ogni riferimento ai principi suddetti, fatto della Corte di Giustizia in tema di prestazione di servizi, non può che valere, allo stesso modo, anche per le cessioni di beni, inclusi gli immobili.
1) Sentenza del 5 febbraio 1981, C-154/80, Soc. Cooperativa AardappelenBWA
Punto 13 : Si desume che ... ... ... ... " il controvalore è un valore soggettivo , giacché l'imponibile per la prestazione di servizi [alias: cessione di beni - n.d.r.] è il corrispettivo realmente ricevuto , non già un valore stimato secondo criteri obiettivi ".
2) Sentenza del 23 novembre 1988, C-230/87, Naturally your Cosmetic lmt
Punto 16: " ... ... si deve ricordare come dalla citata sentenza 5 Febbraio 1981 emerga in primo luogo che il controvalore deve poter essere espresso in denaro e, in secondo luogo, che questo controvalore è un valore soggettivo , poiché l'imponibile è il corrispettivo realmente ricevuto , non già un valore stimato secondo criteri obiettivi " [N.B.: in questo caso si trattava di cessione di beni - n.d.r.].
3) Sentenza del 27 marzo 1990, C-126/88, Boots Company PLC
Punto 19 : "Tale disposizione [art. 11, A, n. 3; lett. b della Sesta Direttiva - n.d.r.] non è altro che un'applicazione della regola stabilita dall'art. 11, A, n. 1, lett. a della sesta direttiva, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte (vedasi, da ultimo, la sentenza 23 novembre 1988, causa 230/87, NYC), secondo cui la base imponibile è costituita dal corrispettivo effettivamente ricevuto ".
4) Sentenza del 9 luglio 1992, C-131/1991, "K" Line Air
Dispositivo : " Le disposizioni della direttiva 17 maggio 1977, 77/388/CEE, sesta direttiva ... ... ... vanno interpretate nel senso che esse ostano ad una normativa nazionale che istituisca una base imponibile minima dell'IVA diversa da quella risultante dall'art. 11 di questa direttiva ". (Sovviene, al riguardo, la contestata disposizione nazionale che stabilisce la base imponibile minima presunta in quanto debba essere almeno pari al mutuo contratto per l'acquisto dell'immobile - n.d.r.).
5) Sentenza del 16 ottobre 1997, Fillibeck
Punto 13 : " E' altresì giurisprudenza costante che la base imponibile per la cessione di un bene o la prestazione di un servizio è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto a tal fine. Tale corrispettivo costituisce quindi il valore soggettivo, ossia realmente percepito in ogni caso concreto , e non un valore stimato secondo criteri oggettivi ... ... ... " [N.B. - segue poi il richiamo di tutte le stesse sentenze sopra richiamate - n.d.r.].
6) Sentenza del 29 marzo 2001, C-404/99, Commissione/Rep. Francese
Punto 38 : " Occorre ricordare anzitutto che il corrispettivo ottenuto o da ottenere dal prestatore per la prestazione di un servizio, che costituisce la base imponibile di tale operazione ai sensi dell'art. 11, A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, secondo giurisprudenza deve essere inteso come il corrispettivo effettivamente ricevuto a tal fine, il quale costituisce un valore soggettivo e non un valore stimato secondo criteri oggettivi " (v. sent. 16 ottobre 1997, C-258/95, Fillibeck, punto 13 e giurisprudenza ivi richiamata).
7) Sentenza del 20 gennaio 2005, C-412/03, Hotel Scandic
Punto 28 : " A tal riguardo deve rammentarsi che, conformemente alla regola generale enunciata all'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, nella cessione di beni o nella prestazione di servizi la base imponibile è costituita dal corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo «da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni ".
Dispositivo : Gli artt. 2, 5 n. 6, e 6 n. 2 lett. b), della sesta direttiva 77/388/CEE ... ... ostano ad una normativa nazionale che consideri quale prelievo di un bene o quale prestazione di servizi per esigenze private [alias: "autoconsumo" - n.d.r.] operazioni per le quali venga effettivamente versato un corrispettivo, ancorché tale corrispettivo sia inferiore al prezzo di costo del bene ceduto o del servizio fornito .
[N.B. Il pensiero corre nuovamente all'imponibile dell'immobile ancorché inferiore al mutuo ottenuto per acquistarlo - n.d.r.].

Art. 6

6. Considerazioni della commissione

In via preliminare valga precisare che questa Commissione non intende porre in discussione il legittimo diritto dell'Amministrazione Finanziaria di rettificare l'imponibile della cessione immobiliare quando sia dimostrato, in modo "certo e diretto" (art. 54, c. 3, 1° periodo Legge IVA), l'esistenza di un corrispettivo (pagato o da pagare) convenuto dalle parti contraenti in misura superiore a quella dichiarata.
La norma che viene qui contestata è quella recata dal nuovo ultimo periodo del comma 3 dell'art. 54 legge IVA, recentemente introdotto per rendere imponibile il "valore normale" degli immobili ceduti, se di ammontare più elevato del prezzo convenuto dalle parti contraenti. Questa novella disposizione si rivela, infatti, non solo gravemente illegittima sul piano comunitario, ma persino contradditoria su quello esegetico-normativo nazionale.
Infatti il primo periodo del comma 3 dell'art. 54, legge IVA, dapprima impone che la rettifica dell'ammontare delle operazioni imponibili sia effettuata solo quando " l'ammontare superiore [a quello dichiarato - n.d.r.] risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva ".
Il periodo successivo, oggetto della recente integrazione, introduce invece la regola contraria per quanto riguarda il valore degli immobili disponendo, in buona sostanza, che la prova certa e diretta (e non presuntiva) si intende integrata (ma è più realistico dire " presunta " - n.d.r.) quando il "valore normale" degli immobili ceduti risulta superiore all'ammontare dichiarato.
La contraddizione nasce dunque dal fatto che il legislatore ha introdotto una vera e propria presunzione legale relativa (di maggiore imponibile) nell'ambito di un sistema generalizzato che dichiaratamente la rifiuta.
Al fine di non valicare i limiti dell'oggettività argomentativa, questa Commissione si limita a constatare quantomeno una grave amnesia legislativa laddove, nell'ambito dello stesso comma di questo articolo di legge, la lettera e la logica del secondo periodo contraddicono immediatamente quelle appena espresse nel primo.
La disinvoltura legislativa diventa poi impressionante allorché, in sede di conversione in legge del D.L. n. 223/2006, viene ulteriormente stabilito che, persino lo stesso "valore normale" sul quale applicare l'IVA, deve essere presunto in misura inferiore al finanziamento (o mutuo) erogato (art. 35, c. 23 dello stesso decreto) per l'acquisto dell'immobile punendo entrambe le parti contraenti in presenza di qualsiasi finanziamento per opere di ristrutturazione che, poi, non siano state eseguite in tutto o in parte.
Preoccupa, inoltre, l' interpretazione sull'efficacia temporale delle disposizioni in commento, posto che l'Agenzia delle Entrate le ritiene applicabili, in via retroattiva , anche ai pregressi trasferimenti immobiliari (Circolare generale n. 11/E del 2007), fondando detta interpretazione sulla giustificazione, tutta italiana, della "natura procedimentale" delle disposizioni medesime.
Le già fosche tinte del quadro di incompatibilità comunitaria delle disposizioni italiane in commento, vengono infine accentuate dall'ulteriore violazione del principio di proporzionalità che costituisce una delle pietre miliari su cui poggia la costruzione del diritto comunitario.
Detta violazione è infatti rivelata dalla estrema difficoltà (se non dalla impossibilità) dei contraenti di assolvere all'onere probatorio contro la presunzione di un maggiore imponibile minimo, posto a loro carico quando l'ammontare del mutuo erogato all'acquirente risulti superiore al prezzo della cessione dell'immobile in quanto destinato a subire successivi interventi migliorativi o di ristrutturazione.
L'impotenza probatoria del venditore deriva infatti dalla sua impossibilità di interferire con la successiva attività di ristrutturazione propria dell'acquirente. E quest'ultimo, a sua volta, è privato di ogni diritto di prova contraria alla ripetuta presunzione, qualora egli abbia deciso di destinare altrove, in tutto o in parte, la somma erogatagli a fronte dei predetti interventi di ristrutturazione.
Insomma il Legislatore e l'Agenzia delle Entrate si sono ripetutamente dimenticati che, in materia di IVA, le loro azioni legislative ed interpretative sono condizionate dai ferrei limiti imposti dalla sesta Direttiva comunitaria, rifusa ora nella novella Dir. 2006/112/CE, come anche statuiti dalla Corte di Giustizia comunitaria.
Questa, infatti, insiste strenuamente, ormai da decenni, nell'affermare l'imponibilità, ai fini IVA, di un valore pari al prezzo percepito (o da percepire conclusivamente) nelle negoziazioni, senza ammettere alcuna deroga che non sia stata previamente autorizzata della Commissione CE nei ristretti casi previsti dall'art. 395 della novella Direttiva comunitaria.
Anche gli Organi della Pubblica Amministrazione Finanziaria (Agenzia delle Entrate) sono venuti meno al loro preciso dovere di applicare le prevalenti disposizioni comunitarie e disapplicare quelle nazionali con esse confliggenti secondo gli ultradecennali insegnamenti della Corte di Giustizia.
Per tutte, valga ricordare l'ormai datata sentenza della Corte di Giustizia del 22 giugno 1989, C-103/88, F.lli Costanzo, in base alla quale " gli organi dell'amministrazione pubblica (di uno Stato membro) - in tutta la sua estensione ... ... - sono tenuti ad applicare la norma comunitaria in caso di incompatibilità delle norme nazionali con disposizioni appartenenti al diritto comunitario ".
Ed ancora " ... ... tutti gli organi dell'Amministrazione, compresi quelli degli Enti territoriali, ... ... sono tenuti ad applicare dette disposizioni ".
Il legittimo affidamento dei singoli viene dunque leso anche dall'agnosticismo della Pubblica Amministrazione Finanziaria nei confronti del Diritto Comunitario e, di conseguenza, essi si trovano costretti a sopportare i costi (diretti ed indiretti) di una controversia che sono in costante lievitazione a causa della lunga tempistica richiesta dai procedimenti giudiziali nel nostro Paese.
Attesa la sua funzione di oggettiva censura di legge e di prassi italiane confliggenti con le disposizioni comunitarie, questa Commissione ritiene di doversi astenere, dal chiosare ulteriormente sul tradito principio di affidamento della legge, che è un importante risvolto del rispetto dovuto al cittadino contribuente, per limitarsi a segnalare quanto le denunciate iniziative legislative e di prassi amministrativa risultino effettuate in grave spregio alle disposizioni comunitarie recate dalla sesta Direttiva (ora Dir. 2006/112/CE), ai principi di proporzionalità e del legittimo affidamento nonchè alle precise statuizioni della Corte di Giustizia.

Art. 7

Allegati

Art. 8

Documenti successivi - Lettera Commissione Europea - 3 luglio 2008

Art. 9

Documenti successivi - Lettera Commissione Europea - 18 agosto 2009

Art. 10

Documenti successivi - Lettera AIDC - 8 settembre 2009

Art. 11

Documenti successivi - Lettera AIDC - 28 settembre 2009