AIDC - Sezione di Milano

Denuncia del 12/05/2011
Illegittimità comunitaria delle sanzioni dovute in caso di omessa autofatturazione di operazioni imponibili


D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 17D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 74D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 44D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 6

Denuncia del 12 maggio 2011 n. 8
Illegittimità comunitaria delle sanzioni dovute in caso di omessa autofatturazione di operazioni imponibili
SOMMARIO
»
» Art. 1
» Art. 2
» Art. 3
» Art. 4
» Art. 5
» Art. 6
» Art. 7
» Art. 8
» Art. 9
» Art. 10

Commissione

COMMISSIONE DI STUDIO PER L'ESAME DELLA COMPATIBILITA' COMUNITARIA DI NORME E PRASSI TRIBUTARIE ITALIANE

Presidente

Holzmiller Dott. Joseph (Correlatore)

Componenti

- Bozzi Avv. Aldo

- Centore Avv. Paolo (Relatore)

- Piazza Dott. Marco

- Poggi Longostrevi Dott. Stefano (Segret. e deleg. alla divulgazione)

- Savorana Dott. Alessandro

- Vismara Prof. Avv. Fabrizio

Esperti

- Capelli Prof. Fausto

- Marzorati Dott. Guido

- Rizzardi Dott. Raffaele

- Roscini Vitali Rag. Franco

- Santacroce Avv. Benedetto

- Zizzo Prof. Giuseppe

Partecipante di diritto

Dott. Roberta Dell'Apa (Presidente dell'A.I.D.C.)

Art. 1

1) NORMA NAZIONALE CONFLIGGENTE

1.1. Ambito applicativo delle regole di autofatturazione delle operazioni
Le disposizioni nazionali prevedono l'obbligo di autofatturazione (cd. reverse charge ) in specifiche situazioni, in linea con le indicazioni della dir. 2006/112/CE.
In particolare, le norme nazionali disciplinano l'obbligo di autofatturazione:
1.2. Regime sanzionatorio previsto dalle norme nazionali
L'infrazione all'obbligo di autofatturazione è regolata, per il periodo sino al 31.12.2007, dall'art. 6, 1° comma, D.lgs. 18.12.1997, n. 471, ove si prevede che:
"Chi viola gli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operazioni imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto ovvero all'individuazione di prodotti determinati è punito con la sanzione amministrativa compresa fra il cento e il duecento per cento dell'imposta relativa all'imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell'esercizio (...) ".
Successivamente, l'art. 1, comma 155, L. 24 dicembre 2007, n. 244, ha introdotto un nuovo comma 9-bis all'art. 6 del D.lgs. 471/1997, con decorrenza 1° gennaio 2008.
Tuttavia, per il principio del favor rei (art. 3, 3° comma, D.lgs. 472/1997), la disposizione di nuova introduzione estende la propria efficacia anche al periodo precedente alla sua introduzione, cioè, alle infrazioni commesse prima del 1.1.2008.
In particolare, il 1° ed il 2° periodo dell'art. 6, comma 9-bis, D.lgs. 471/1997 prevedono:
"E' punito con la sanzione amministrativa compresa fra il 100 e il 200 per cento dell'imposta, con un minimo di 258 euro, il cessionario o il committente che, nell'esercizio di imprese, arti o professioni, non assolve l'imposta relativa agli acquisti di beni o servizi mediante il meccanismo dell'inversione contabile di cui agli articoli 17 e 74, commi settimo e ottavo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. La medesima sanzione si applica al cedente o prestatore che ha irregolarmente addebitato l'imposta in fattura omettendone il versamento ".
Il successivo 3° periodo dell'art. 6, comma 9-bis cit. prevede:
"Qualora l'imposta sia stata assolta , ancorché irregolarmente , dal cessionario o committente ovvero dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto alla detrazione ai sensi dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, la sanzione amministrativa è pari al 3 per cento dell'imposta irregolarmente assolta, con un minimo di 258 euro, e comunque non oltre 10.000 euro per le irregolarità commesse nei primi tre anni di applicazione delle disposizioni del presente periodo. Al pagamento delle sanzioni previste nel secondo e terzo periodo, nonché al pagamento dell'imposta, sono tenuti solidalmente entrambi i soggetti obbligati all'applicazione del meccanismo dell'inversione contabile ".
Il plafonamento massimo ad € 10.000 della sanzione è limitato al primo triennio di applicazione: di conseguenza, esso deve intendersi non più applicabile a partire dal 1.1.2011 , cioè, al compimento del triennio dell'entrata in vigore della norma.
1.3. La posizione ufficiale dell'Amministrazione finanziaria
L'interpretazione fornita dall'Amministrazione finanziaria sulle norme sopra richiamate non è sostanzialmente mutata nel tempo, ma è stata solo meglio precisata.
In un primo momento, L'Agenzia delle Entrate (risoluzione 6.3.2009 n. 56/E) ha teorizzato una disparità di trattamento sanzionatorio tra le ipotesi di omessa autofatturazione nazionale ed esterna , intendendo le prime riferite ad operazioni di autofatturazione tra operatori nazionali (come, ad esempio, nel caso di cessione di rottami), e le seconde riferite ad i casi di autofatturazione di operazioni, rilevanti ai fini IVA nel territorio nazionale, effettuate da soggetti ivi non residenti .
In particolare, con le istruzioni sopra richiamate, l'Autorità fiscale ha ritenuto che la riduzione della sanzione al 3% della sanzione, con i limiti minimi e massimi ivi previsti (euro 258 - euro 10.000) sia limitata alle ipotesi di autofatturazione interna e non anche a quelle di autofatturazione esterna . La posizione risulta chiaramente espressa nel documento di prassi sopra citato (risoluzione n. 56/E del 2009) laddove si precisa che:
"(...) si ritiene che, in via generale, laddove sia constatata una violazione del regime dell'inversione contabile che comporti, in quella sede, l'assolvimento del tributo da parte dei contribuenti, contestualmente all'accertamento del debito, deve essere riconosciuto il diritto alla detrazione della medesima imposta; pertanto, ferma restando l'applicazione della sanzione amministrativa (nella specie, quella tra il 100 e il 200 per cento dell'imposta, con un minimo di 258 euro ) di cui all'art. 6, comma 9-bis, primo periodo del D.lgs. n. 471 del 1997, per inosservanza degli obblighi previsti dalla disciplina IVA, il contribuente non sarà tenuto a versare alcun ammontare a titolo di imposta all'Erario, qualora sia riconosciuta la spettanza integrale della detrazione ".
Successivamente, l'Amministrazione finanziaria ha meglio precisato la sua posizione con la risoluzione 29.12.2010 n. 140/E, la quale se pure ammette che la riduzione della sanzione al 3%, prevista dal 3° periodo dell'art. 6, comma 9-bis, del D.lgs. 471/1997, si rende applicabile anche ai casi di autofatturazione esterna, richiede però sempre che l'imposta sia stata comunque irregolarmente versata.
In particolare, con il documento di prassi n.140/E del 2010, l'Agenzia ha precisato che:
" La previsione di cui al terzo periodo del comma 9-bis è stata introdotta proprio al fine di punire con una sanzione di lieve entità quei casi in cui, sebbene le operazioni siano state poste in essere in violazione del regime dell'inversione contabile, la condotta tenuta non abbia comportato alcun danno all'Erario, ".
Nel medesimo documento (risoluzione n. 140/E del 2010) si precisa ulteriormente che:
" l'Amministrazione finanziaria in sede di accertamento può limitarsi a contestare la sanzione, senza operare alcun recupero d'imposta né in capo al cedente, né in capo al cessionario - sempreché la stessa sia stata assolta, seppur irregolarmente - egualmente, in sede di ravvedimento la violazione commessa potrà essere sanata con il pagamento - in misura ridotta - della sola sanzione del 3 per cento dell'imposta irregolarmente assolta, senza bisogno di porre in essere ulteriori adempimenti a rettifica del comportamento tenuto ".
È dunque evidente che l'Autorità fiscale, sulla base della lettera della norma, intende subordinare il riconoscimento della riduzione della sanzione al 3% solo al caso in cui l'imposta sia stata assolta, ancorché irregolarmente tanto nel caso di autofatturazione "interna" quanto nel caso di autofatturazione (o integrazione) "esterna" .
Tale ultima situazione si è già verificata limitatamente al caso di emissione (erronea) di fattura, con addebito dell'IVA, da parte del rappresentante fiscale del soggetto non residente a carico di soggetto passivo italiano, a seguito delle modificazioni arrecate all'art.7 D.P.R. 633/1972 e della contemporanea introduzione dei successivi articoli dal n. 7-bis al n. 7-septies ad opera del D.lgs. n. 18/2010 i quali hanno esteso il regime del "Reverse charge" a tutti i casi ivi indicati.
Diverso risulta, invece, il trattamento delle ipotesi ordinarie non autofatturate di servizi, prestati da un soggetto non residente, nel territorio nazionale, e di acquisti intracomunitari di beni, non autofatturati mediante integrazione della fattura emessa dal soggetto non residente in assenza di rappresentante fiscale (o di erronea condotta di quest'ultimo).
In tali ipotesi ordinarie i descritti acquisti di beni comunitari e di servizi transnazionali non sono mai suscettibili di assolvimento irregolare dell'IVA poiché essa è applicabile contemporaneamente a debito ed a credito del soggetto nazionale (acquirente o committente) per il tramite dell'autofatturazione (o integrazione del documento estero) e di successiva registrazione contabile.
Con ciò non viene egualmente arrecato alcun danno all'Erario né viene attuata alcuna situazione di "pericolo fiscale" posto che il documento venga tenuto in evidenza mediante la sua registrazione contabile.
Ciò in quanto il soggetto passivo nazionale beneficia della detrazione integrale dell'IVA.
Contrariamente, il danno per l'Erario si manifesta in misura limitata all'ammontare dell'Iva indetraibile che deve rimanere a carico dello stesso soggetto; ma il danno per l'Erario non si manifesta mai per intero, salvo il caso, non comune, di indetraibilità totale dell'Iva assolta "a monte" da parte del soggetto passivo nazionale.
Cionondimeno, l'Amministrazione Finanziaria italiana commina la sanzione variabile dal 100% al 200% in tutti i casi di operazioni transnazionali sopra riferiti senza emissione di autofattura (o integrazione di documento) anche nei casi in cui il danno derivante all'Erario risulti nullo o assai limitato.
1.4. Ulteriore interpretazione limitativa dell'Amministrazione finanziaria
Per completezza di disamina, valga ricordare che, per il caso di versamento irregolare comportante la sanzione ridotta al 3%, la Risoluzione n. 140/E del 2010 introduce un'ulteriore interpretazione limitativa, riguardante il plafonamento massimo della sanzione ridotta, previsto in € 10.000.
In particolare, ivi si stabilisce che:
"la sanzione del 3% vada commisurata all'importo complessivo dell'IVA relativa alle operazioni attive irregolarmente determinata nella liquidazione mensile o trimestrale, con riguardo ad ogni singolo rapporto contrattuale tra il cedente e ciascun cessionario; laddove l'irregolarità si realizzi in più liquidazioni, si configureranno tante violazioni autonome da sanare per quante sono le liquidazioni interessate. E' evidente poi che, l'importo minimo di 258 euro e quello massimo di 10.000 euro irrogabili a titolo di sanzione, rileveranno con riferimento all'IVA sulle operazioni attive irregolarmente determinata in ciascuna liquidazione periodica (così, ad esempio, nel caso in esame bisognerà considerare le liquidazioni di marzo, aprile e maggio) e, come già chiarito, avuto riguardo ad ogni singolo rapporto contrattuale ".
Stando all'interpretazione ufficiale sopra riportata, dunque, il plafonamento della sanzione ridotta (3%) all'ammontare massimo di euro 10.000 va riferito alle liquidazioni periodiche infrannuali dell'imposta.
Conseguentemente, nel caso di violazioni ripetute durante l'anno di imposta, il limite massimo può aumentare ad euro 120.000 , considerando il numero (12) di liquidazioni mensili previste nel corso dell'anno di imposta per i contribuenti in regime contabile ordinario.
1.5. Schema riassuntivo delle regole sanzionatorie in tema di autofatturazione
Quale conseguenza delle disposizioni sopra richiamate, come sopra interpretate, la situazione attuale risulta essere la seguente:
A) Nel periodo 2008-2010 (estensibile agli anni precedenti per il principio del favor rei )
- Se l'imposta è stata assolta, ancorché irregolarmente , per l'infrazione all'autofatturazione, sia nazionale che estera , si applica la sanzione del 3%, con il limite minimo di € 258,00 e massimo di € 10.000,00;
- Il limite massimo di € 10.000,00 si applica con riferimento alle liquidazioni periodiche infrannuali, aumentando potenzialmente dette sanzioni ad euro 120.000 per l'anno di imposta, nella normalità dei casi di .
- Se l'imposta non è stata assolta, ancorché irregolarmente , per l'infrazione all'autofatturazione di operazioni nazionali ed estere e, segnatamente, per queste ultime, nei casi di omessa autofatturazione di operazioni effettuate da soggetto non residente, rilevanti territorialmente in Italia, e nel caso di acquisti intracomunitari di beni, si applica la sanzione dal 100% al 200% dell'imposta relativa all'operazione, con il minimo di € 258,00, e senza limite massimo .
B) Nel periodo dal 1.1.2011
- Se l'imposta è stata assolta, ancorché irregolarmente , per l'infrazione all'autofatturazione delle operazioni nazionali ed estere si applica la sanzione del 3% con il minimo di € 258,00 e senza alcun limite massimo;
- Se l'imposta non è stata assolta, ancorché irregolarmente , per l'infrazione all'autofatturazione di operazioni nazionali ed estere e, segnatamente, per queste ultime, nei casi di omessa autofatturazione di operazioni effettuate da soggetto non residente, rilevanti territorialmente in Italia (così come nel caso di acquisti intracomunitari di beni o di ottenimento di servizi transnazionali) si applica comunque la sanzione dal 100% al 200% dell'imposta relativa all'operazione, con il minimo di € 258,00, e senza alcun limite massimo . E ciò ancorchè, come si è già visto, detta omissione non abbia comportato alcun danno né alcuna situazione di pericolo fiscale per l'Erario.
2. Prova dell'inadempimento oggetto della denunzia
La scrivente Commissione di Studio è consapevole della circostanza che codesta spett. Commissione europea ultimamente ha rifiutato di prendere in considerazione casi di contrasto comunitario di leggi e prassi fiscali nazionali se non accompagnati da documenti concernenti situazioni concrete.
Secondo le indicazioni della Corte di Giustizia , " incombe alla Commissione provare la sussistenza dell'asserito inadempimento. Spetta ad essa fornire alla Corte gli elementi di fatto necessari affinché quest'ultima accerti l'esistenza dell'inadempimento, senza potersi basare su alcuna presunzione " (Corte di Giustizia, sentenza 17.6.2010, causa C-105/08, punto 26. In senso conforme si veda: Corte di Giustizia, sentenza 5.10.1989, causa C-290/87, punti 11 e 12; id., 12.9.2000, causa C-408/97, punto 15; id., 26.4.2005, causa C-494/01, punto 41; id., 11.12.2008, causa C-293/07, punto 32; id., 29.10.2009, causa C-246/08, punto 52; id., 4.3.2010, causa C-241/08, punto 22; id., 25.3.2010, causa C-79/09, punto 26).
In ossequio a tale principio, preme rilevare che la situazione di incompatibilità delineata non è teorica ma effettivamente reale , fornendo, qui di seguito, la prova degli effetti negativi dell'inadempimento denunziato.
A titolo esemplificativo, si allega:
- Copia dell'atto di appello dell'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Genova, nel quale si insiste per l'applicazione della sanzione nella misura ordinaria non essendo prevista per legge la riduzione anche ai casi di autofatturazione senza versamento irregolare dell'imposta ( all. 1 ).
- Copia dell'atto di irrogazione delle sanzioni emesso dall'Agenzia delle Entrate, Direzione Regionale della Lombardia, Ufficio Grandi Contribuenti, per l'anno 2005, con il quale si applica la sanzione nella misura ordinaria nel caso di omessa autofatturazione dell'importazione di prodotti energetici ( all. 2 ).
Lo scrivente ufficio si riserva di produrre ulteriore documentazione comprovante l'inadempimento, ove ritenuto necessario da codesta Commissione.

Art. 2

2) NORMA COMUNITARIA PREVALENTE

2.1. Assenza di armonizzazione della legislazione comunitaria in tema di sanzioni
Allo stato attuale del diritto comunitario, il regime delle sanzioni non è oggetto di armonizzazione . Di conseguenza, gli Stati membri possono scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate.
Tale principio è confortato dalle indicazioni della Corte di Giustizia, sentenza 29.10.2010 C-188/09 Profaktor Kulesza , punto 29, secondo cui:
" Si deve rammentare che, al riguardo, in assenza di armonizzazione della normativa comunitaria nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale legislazione, gli Stati membri possono scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate ".
Il potere concesso, in assenza di armonizzazione, agli Stati membri, deve, tuttavia, essere esercitato nel rispetto del diritto comunitario e dei suoi principi generali.
In tal senso si è espressa la Corte di Giustizia, sentenza 12.7.2001 C-262/99 Louloudakis , punto 67, secondo cui:
"occorre rammentare che, in assenza di armonizzazione della normativa comunitaria nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale legislazione, gli Stati membri possono scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate. Essi tuttavia sono tenuti ad esercitare questa competenza nel rispetto del diritto comunitario e dei suoi principi generali ".
La Corte di Giustizia ha, inoltre, precisato quali requisiti debbano possedere i provvedimenti amministrativi per non costituire un ostacolo ai principi garantiti dal Trattato e, in particolare, al principio di proporzionalità .
Si cfr., al riguardo, Corte di Giustizia, sentenza 26.10.1995 C- 36/94 Siesse punto 21, secondo cui:
"(...) in assenza di armonizzazione delle normative comunitarie in questo settore, gli Stati membri hanno la competenza di scegliere le sanzioni che sembrano loro più appropriate. Essi sono tuttavia tenuti ad esercitare questa competenza nel rispetto del diritto comunitario e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (v. sentenza 16 dicembre 1992, causa C-210/91, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-6735, punto 19) ".
2.2. Rilevanza delle sentenze della Corte di Giustizia quale fonte di diritto comunitario
Occorre, infine, rilevare che le sentenze della Corte di Giustizia costituiscono fonte del cd. "diritto vivente" e sono direttamente efficaci nell'ordinamento degli Stati membri.
Secondo costante giurisprudenza, l'interpretazione che la Corte dà di una norma di diritto comunitario nell'esercizio della competenza attribuitale dall'art. 234 CE chiarisce e precisa, se necessario, il significato e la portata della norma stessa, come deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore. La norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda d'interpretazione.
Sul tema, si v., fra le molte, Corte di Giustizia, sentenza 10.1.2006, causa C-402/03 Skov , punto 50, secondo cui:
"Secondo una giurisprudenza costante, l'interpretazione che la Corte dà di una norma di diritto comunitario nell'esercizio della competenza attribuitale dall'art. 234 CE chiarisce e precisa, se necessario, il significato e la portata della norma stessa, come deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore. Ne deriva che la norma così interpretata può e deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza che statuisce sulla domanda d'interpretazione, purché sussistano i presupposti per sottoporre al giudice competente una lite relativa all'applicazione della detta norma (v., in particolare, sentenze 2 febbraio 1988, causa 24/86, Blaizot, Racc. pag. 379, punto 27, e 15 dicembre 1995, causa C-415/93, Bosman, Racc. pag. I-4921, punto 141) ".
2.3. Diretta applicabilità delle sentenze della Corte di Giustizia
Le interpretazioni della norma fornite dalla Corte di Giustizia costituiscono una fonte importante del diritto comunitario direttamente applicabile trattandosi di rapporto c.d. "Verticale" intercorrente fra Stato impositore e cittadino (o soggetto) contribuente.
Sul punto si v. cfr. Corte di Giustizia Ce, Sentenza 19/01/1982, C-8/81, Ursula Becker .
2.4. Inapplicabilità di eventuali deroghe comunitarie
L'assenza di armonizzazione nel comparto delle sanzioni impedisce l'applicabilità di eventuali deroghe comunitarie al caso.

Art. 3

3) PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI COMUNITARI

A) Sul rispetto del principio di proporzionalità
- Corte di Giustizia, sentenza 11.11.1981 C-203/80, Casati punto 27:
"(...) Le misure amministrative o repressive non devono esulare dai limiti di quanto è strettamente necessario, le modalità di controllo non devono essere concepite in modo da limitare la libertà voluta dal Trattato e non è lecito comminare in proposito sanzioni talmente sproporzionate rispetto alla gravità dell'infrazione da risolversi in un ostacolo a tale libertà ".
- Corte di Giustizia, sentenza 16.12.1992 C-210/91 , Commissione contro Repubblica ellenica , p. 20:
"Come infatti più volte affermato dalla Corte, le misure amministrative o repressive non devono esulare dai limiti di quanto è strettamente necessario agli obiettivi perseguiti e alle modalità di controllo non devono essere ricollegate sanzioni talmente sproporzionate rispetto alla gravità dell'infrazione da risolversi in un ostacolo alle libertà sancite dal Trattato (v., tra l'altro, sentenze 11 novembre 1981, causa 203/80, Casati, Racc. pag. 2595, punto 27 della motivazione; 31 gennaio 1984, cause riunite 286/82 e 26/83, Luisi e Carbone, Racc. pag. 377, e 21 settembre 1989, causa 68/88, Commissione/Grecia, Racc. pag. 2965) ".
- Corte di Giustizia, sentenza 26.10.1995 C- 36/94 , Siesse , punto 21:
"Per quanto riguarda le infrazioni doganali, la Corte ha precisato che, in assenza di armonizzazione delle normative comunitarie in questo settore, gli Stati membri hanno la competenza di scegliere le sanzioni che sembrano loro più appropriate. Essi sono tuttavia tenuti ad esercitare questa competenza nel rispetto del diritto comunitario e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (v. sentenza 16 dicembre 1992, causa C-210/91, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-6735, punto 19) ".
- Corte di Giustizia, sentenza 7.12.2000 C-213/99 De Andrade , punto 20:
"(...) la Corte ha precisato che, in assenza di armonizzazione delle normative comunitarie in questo settore, gli Stati membri hanno la competenza di scegliere le sanzioni che sembrano loro più appropriate. Essi sono tuttavia tenuti ad esercitare questa competenza nel rispetto del diritto comunitario e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (v. sentenza Siesse, citata, punto 21) ".
- Corte di Giustizia, sentenza 12.7.2001 C-262/99 , Louloudakis , punto 67:
"(...) occorre rammentare che, in assenza di armonizzazione della normativa comunitaria nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale legislazione, gli Stati membri possono scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate. Essi tuttavia sono tenuti ad esercitare questa competenza nel rispetto del diritto comunitario e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (v., in particolare, sentenze 16 dicembre 1992, citata, Commissione/Grecia, punto 19, e la giurisprudenza citata; 26 ottobre 1995, causa C-36/94, Siesse, Racc. pag. I-3573, punto 21, e 7 dicembre 2000, causa C-213/99, De Andrade, Racc. pag. I-11083, punto 20). Infatti, le misure amministrative o repressive non devono esulare dai limiti di quanto è strettamente necessario agli obiettivi perseguiti e una sanzione non deve essere così sproporzionata rispetto alla gravità dell'infrazione da risolversi in un ostacolo alle libertà sancite dal Trattato (v., in tal senso, sentenza 16 dicembre 1992, Commissione/Grecia, citata, punto 20) ".
- Corte di Giustizia, sentenza 27.9.2007 C-146/05 , A. Collée punto 40:
"Infine, occorre sottolineare che il diritto comunitario non impedisce agli Stati membri di considerare , a talune condizioni, l'occultamento dell'esistenza di un'operazione intracomunitaria come un tentativo di frode all'IVA e di applicare, in tal caso, le ammende o sanzioni pecuniarie previste dal loro diritto interno (v., in tal senso, sentenza Schmeink; Cofreth e Strobel, cit., punto 62). Tuttavia, come ha giustamente sostenuto la Commissione, sanzioni di tale genere devono sempre essere proporzionate alla gravità dell'abuso ".
- Corte di Giustizia, sentenza 29.10.2010 C-188/09 , Profaktor Kulesza punti 29 e 30:
Si deve rammentare che, al riguardo, in assenza di armonizzazione della normativa comunitaria nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale legislazione, gli Stati membri possono scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate. Essi tuttavia sono tenuti ad esercitare questa competenza nel rispetto del diritto comunitario e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (sentenza 12 luglio 2001, causa C-262/99, Louloudakis, Racc. pag. I-5547, punto 67). Quanto all'applicazione concreta del principio di proporzionalità, spetta al giudice del rinvio valutare se i provvedimenti nazionali siano compatibili con il diritto dell'Unione, essendo la Corte competente solo a fornire tutti gli elementi interpretativi attinenti al diritto dell'Unione che possano consentirgli di valutare siffatta compatibilità (v., segnatamente, sentenze 30 novembre 1995, causa C-55/94, Gebhard, Racc. pag. I-4165, nonché Molenheide e a., cit., punto 49) .
B) Sul rispetto del principio di equivalenza
- Corte di Giustizia, sentenza 25.2.1988 C-299/86 , Drexl punti 23 e 24:
"(...) [le] differenze [di infrazione] non possono giustificare un divario manifestamente sproporzionato nella severità delle sanzioni comminate per le due categorie di infrazioni. Una sproporzione siffatta sussiste quando la sanzione comminata per il caso dell'importazione comporta, di norma, pene detentive e la confisca della merce in forza delle norme intese a reprimere il contrabbando, mentre sanzioni comparabili non sono contemplate o non sono applicate in modo generale, nel caso di infrazione all'IVA negli scambi interni (...). Come la Corte ha affermato nella sentenza 5 maggio 1982 (causa 15/81 Gaston Schul racc. pag. 1409) l'interpretazione dell'art. 95 deve tener conto degli scopi del Trattato, enunciati negli artt. 2 e 3, fra i quali figura, in primo luogo, l'instaurazione di un mercato comune (...) ".
- Corte di Giustizia, sentenza 1.7.1993 C-312/91 , Metalsa p. 14 e 15:
"Nella citata sentenza 25 febbraio 1988, Drexl, la Corte ha affermato che una normativa nazionale la quale punisca più severamente le infrazioni concernenti l'IVA all'importazione di quelle concernenti l'IVA sulle cessioni di beni all'interno del paese è incompatibile con l'art. 95 del Trattato qualora tale differenza sia sproporzionata rispetto alla diversità delle due categorie di infrazioni (...) ".
- Corte di Giustizia, sentenza 2.8.1993 C-276/91 Commissione contro Repubblica francese punto 15 :
"Tuttavia, così com'è stato rilevato dalla Corte nella sentenza citata Drexl, la maggiore o minore difficoltà con la quale un'infrazione può essere scoperta non può giustificare un divario manifestamente sproporzionato nella severità delle sanzioni comminate per le due categorie di infrazioni ".
C) Sul rispetto del principio di effettività
- Corte di Giustizia, sentenza 17.11.1998, causa C-228/96 Fallimento Aprile , punto 18:
"Questa diversità dei sistemi nazionali deriva in particolare dalla mancanza di una disciplina comunitaria in materia di ripetizione di imposte nazionali indebitamente riscosse. In una situazione del genere spetta infatti all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza delle norme di diritto comunitario, purché le dette modalità, da un lato, non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né, dall'altro, rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività) (v., da ultimo, sentenze Edis, citata, punti 19 e 34, e 15 settembre 1998, causa C-260/96, Spac, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 18) ".
- Corte di Giustizia, sentenza 6.10.2005, causa C-291/03 MyTravel , punto 17:
"In mancanza di disciplina comunitaria in materia di domande di rimborso delle imposte, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tale diritto possa esercitarsi, purché essi rispettino i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire, non siano meno favorevoli di quelli che riguardano casi analoghi di natura interna e non rendano praticamente impossibile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (v., in tal senso, sentenze 9 novembre 1983, causa 199/82, San Giorgio, Racc. pag. 3595, punto 12, e 2 ottobre 2003, causa C-147/01, Weber's Wine World e a., Racc. pag. I-11365, punto 103) ".
- Corte di Giustizia, sentenza 8 maggio 2008, cause riunite C-95/07 e 96/07 Ecotrade , punto 71:
"(...) non può ritenersi che un'inosservanza di obblighi contabili come quella di cui alle cause principali implichi un rischio di perdite di entrate fiscali, posto che, come si è ricordato al punto 56 di questa sentenza, nell'ambito dell'applicazione del regime dell'inversione contabile nulla è dovuto, in linea di principio, all'erario. Per tali ragioni, una simile inosservanza non può neppure essere assimilata ad un'operazione inficiata da frode fiscale o ad un uso abusivo delle norme comunitarie, in quanto non è stata effettuata per ottenere un indebito vantaggio fiscale (v., in tal senso, sentenza Collée, cit., punto 39) ".
- Corte di Giustizia, sentenza 21.1.2010, causa C-472/98 Alstom Power Hydro , punto 19:
"Quanto al principio di effettività, si deve rammentare che la Corte ha riconosciuto compatibile con il diritto dell'Unione la fissazione di ragionevoli termini di ricorso a pena di decadenza, nell'interesse della certezza del diritto, a tutela sia del contribuente sia dell'amministrazione interessata (v., in tal senso, sentenza Aprile, cit., punto 19 e la giurisprudenza ivi richiamata). Infatti, termini del genere non sono tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione ".
- Corte di Giustizia, sentenza 22.12.2010, causa C-438/09 Dankowski , punto 35:
"Dal momento che l'amministrazione fiscale competente dispone delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo, in quanto destinatario delle transazioni commerciali, è debitore dell'IVA, essa non può imporre, riguardo al diritto di quest'ultimo di detrarre l'imposta assolta a monte, condizioni supplementari che possano avere l'effetto di vanificare l'esercizio dello stesso (v. sentenze 8 maggio 2008, cause riunite C-95/07 e C-96/07, Ecotrade, Racc. pag. I-3457, punto 64, nonché 30 settembre 2010, causa C-392/09, Uszodaépítõ, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 40) ".

Art. 4

4) CONSIDERAZIONI DELLA COMMISSIONE DI STUDIO

4.1. Premesse di inquadramento
Il sistema sanzionatorio previsto dalla norma nazionale evidenziata retro al punto 1 discrimina l'ammontare della penalità (3% ovvero dal 100 al 200%) in ragione del fatto che l'imposta sia stata, ovvero, non sia stata "assolta, ancorché irregolarmente".
Il caso di "assolvimento irregolare" si manifesta tipicamente per le operazioni c.d. "interne" soggette ad autofatturazione, cioè, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra operatori nazionali, quando l'imposta sia stata assolta dal cedente/prestatore, mediante emissione di fattura con addebito dell'imposta, in luogo del cessionario/committente, destinatario dell'obbligo di autofatturazione.
Tale situazione si può verificare marginalmente anche per le autofatture emesse a fronte di operazioni c.d. "esterne", ma solo nel caso in cui l'operatore non residente abbia proceduto ad emettere fattura tramite la propria identificazione nel territorio nazionale (identificazione diretta o rappresentante fiscale), con addebito dell'imposta che, invece, avrebbe dovuto essere assolta dall'operatore nazionale, destinatario dell'operazione.
Nelle generalità delle ipotesi che sono diverse da quelle così circoscritte e, quindi, in tutti i casi di autofattura "esterna", l'imposta non può ritenersi "assolta ancorché irregolarmente", considerando che la fattura emessa dal cedente/prestatore non residente non contiene l'addebito dell'imposta e che quest'ultima non è stata applicata dal cessionario/committente nazionale, quale diretta conseguenza dell'infrazione, costituita, appunto, dal mancato assolvimento dell'obbligo di autofatturazione.
Occorre, poi, considerare, che, nel caso di applicazione della sanzione in misura ordinaria, cioè dal 100 al 200% dell'imposta non autofatturata, la norma sanzionatoria non è influenzata dalla detraibilità dell'imposta afferente all'autofatturazione: di conseguenza, le sanzioni, nelle gravose misure sopra evidenziate, si applicano anche nel caso in cui l'imposta non autofatturata sia riconosciuta "detraibile" dalla stessa Amministrazione finanziaria, in applicazione dei principi stabiliti dalla Corte di Giustizia nella sentenza 8.5.2008, cause riunite c-95/07 e 96/07 Ecotrade .
In conclusione, gli effetti dell'incompatibilità della norma nazionale rispetto ai principi comunitari si manifestano a due livelli:
- In primo luogo, per la discriminazione fra le procedure di autofatturazione nelle quali sia stata o non sia stata assolta l'imposta, ancorché irregolarmente;
- In secondo luogo, nel caso in cui l'imposta non sia stata assolta, ancorché irregolarmente, per la discriminazione tra situazioni in cui l'imposta oggetto di autofatturazione risulti detraibile , anche a posteriori, secondo le indicazioni della Corte di Giustizia (sentenza Ecotrade) ovvero, per sua natura, non detraibile .
4.2. Manifesta incompatibilità della norma nazionale
Gli effetti della norma nazionale oggetto di denunzia si manifestano in contrasto con i principi comunitari di proporzionalità, equivalenza ed effettività.
4.2.1. Sul principio di proporzionalità
Dalla giurisprudenza comunitaria retro richiamata si evince che la determinazione della misura sanzionatoria, seppur attribuita alla competenzadelle Autorità dello Stato membro, deve comunque rispondere al principio di proporzionalità, secondo cui la misura afflittiva deve essere graduata in funzione del danno arrecato, nel caso, di natura erariale (sentenza A. Collée cit.).
Nel caso in esame occorre anche considerare che la procedura di autofatturazione non incide sul diritto di detrazione dell'imposta, secondo l'insegnamento giurisprudenziale sopra ricordato (sentenza Ecotrade cit.): sicché, al di fuori delle ipotesi in cui l'IVA relativa all'autofatturazione non sia, in tutto o in parte, detraibile, è evidente che l'omissione di tale procedura contabile non crei alcun danno, neppure, potenziale, all'Erario .
Ed è proprio questa la generalità dei casi!
Occorre, inoltre, considerare che gli obblighi imposti ai contribuenti non debbono eccedere quanto è necessario per il raggiungimento dell'effetto utile, rappresentato, nel caso, dalla tutela degli interessi erariali (sentenza MyTravel cit.).
In assenza di danno erariale ed in assenza di pericolo, anche potenziale, degli interessi erariali, appare, dunque sproporzionata una misura sanzionatoria che commini la pena dal 100% al 200% dell'imposta non autofatturata.
4.2.2. Sul principio di equivalenza
La conclusione raggiunta sub 1 sembra condivisa dal legislatore nazionale che ha introdotto la mitigazione della sanzione,fissandone la misura al 3% e limitando l'ammontare massimo al tetto di euro 10.000, seppure per le infrazioni commesse sino al 31.12.2010.
Tuttavia, è stato evidenziato e documentato che .
Tale previsione discrimina irragionevolmente i comportamenti irregolari in ragione di un adempimento (l'assolvimento "irregolare" dell'imposta) che si manifesta, ad un tempo , inutile, in riferimento alla tutela degli interessi erariali, e praticamente impossibile, in riferimento alle autofatture "esterne", caratterizzate dall'esistenza di un documento passivo (la fattura emessa dall'operatore non residente) privo, per sua natura di addebito dell'imposta, tale da non poter essere versata neppure "irregolarmente" .
Peraltro, giova qui ripeterlo, nella generalità dei casi sopra richiamati questa irregolarità non è foriera di alcun danno per l'Erario .
La discriminazione sopra individuata si manifesta, oltre che irragionevole, contraria alle costanti indicazioni della giurisprudenza comunitaria retro richiamata.
4.2.3. Sul principio di effettività
Ricordando che, secondo il principio in rubrica, la prassi nazionale non deve rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (CGUE, sentenza 15.9.1998, causa C-231/96 Edis ), occorre osservare che l'operatore nazionale, il quale intenda esercitare il diritto di detrazione ad esso spettante, anche nel caso di infrazione all'obbligo di autofatturazione, deve sottostare all'afflizione di una sanzione dal 100 al 200 per cento dell'imposta ammessa in detrazione.
La conseguenza è, dunque, l'aggravamento delle condizioni per l'esercizio del diritto di detrazione, quale espressione del principio di neutralità dell'imposta.
4.4. Aggravamento del quadro sanzionatorio
Come retro indicato al punto 1, la previsione relativa al tetto massimo della sanzione nella misura fissata al 3%, fissato dalla norma in € 10.000, è stata interpretata dall'Amministrazione fiscale in riferimento alle liquidazioni periodiche dell'imposta che, nel caso di contribuente in regime ordinario, sono fissate mensilmente.
Di conseguenza, nell'ipotesi di violazione ripetuta nel tempo,ferma restando l'assenza di danno erariale e di pericolo e dunque in mancanza di qualsiasi compromissione degli interessi erariali, il limite massimo viene elevato a € 120.000 all'anno, pari ad € 10.000 per 12 liquidazioni periodiche infrannuali.
In più, come retro rilevato al punto 1, il tetto della sanzione, limitato alle ipotesi in cui si renda applicabile la misura del 3%, esplica efficacia temporale sino al 31.12.2010.
Di conseguenza, per le infrazioni di tale natura, commesse oltre tale data, non opera alcuna limitazione,con ulteriore aggravamento del quadro di incompatibilità della norma denunziata rispetto ai principi comunitari innanzi evidenziati.
4.5. Casistica derivante dalla denunziata incompatibilità
Al precedente punto 2, lo scrivente ufficio si è onerato di fornire dimostrazione degli effetti concreti che si determinano in relazione all'applicazione della norma oggetto di denunzia.
Ai fini della migliore illustrazione, si precisa ulteriormente quanto segue.
- In riferimento all'atto di accertamento emesso dall'Agenzia delle entrate, ufficio di Roma, per l'anno 2004 (all. 1):
A pag. 18/19 si evince che, a fronte del riconoscimento della detrazione dell'IVA dovuta,a seguito di omessa autofatturazione, vengono applicate le sanzioni nella misura ordinaria (100%), senza alcuna riduzione. In particolare, l'ufficio ivi osserva che " [la sanzione] più grave, dal 100 al 200 per cento dell'imposta relativa all'acquisto di beni o servizi soggetti al peculiare regime dell'inversione contabile, (...) trova applicazione in tutti i casi in cui l'imposta non sia stata assolta direttamente dal contribuente (né applicando il meccanismo dell'inversione contabile né in altro modo ancorché irregolare). (...). Si tratta, ad esempio, dei casi in cui il cessionario o committente ovvero il cedente o prestatore abbiano versato l'imposta nei modi ordinari, anziché assolverla secondo il meccanismo dell'inversione contabile. In definitiva, tutte le volte in cui , in sede di controllo, l'amministrazione riscontri inadempimenti collegati al meccanismo del reverse charge, essa dovrà applicare l'una o l'altra sanzione, irrogando quella più grave (dal 100 al 200 per cento dell'imposta relativa all'acquisto di beni o servizi) qualora l'IVA relativa alla specifica operazione non sia stata in alcun modo assolta ".
- In riferimento all'atto di appello dell'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Genova (all. 2), nel quale si insiste per l'applicazione della sanzione nella misura ordinaria non essendo prevista per legge la riduzione anche ai casi di autofatturazione senza versamento irregolare dell'imposta. In particolare, a pag. 8 del suddetto atto si legge che " (...) la Direzione Centrale, secondo quanto affermato anche dalla Corte di Giustizia UE, ha però ritenuto che deve essere applicata la sanzione dal 100 al 200 per cento dell'imposta relativa all'acquisto di beni e servizi soggetti al peculiare regime dell'inversione contabile, in tutti i casi in cui l'imposta non sia stata assolta direttamente dal contribuente (né applicando il meccanismo dell'inversione contabile né in altro modo ancorché irregolare (...) ".
- In riferimento all'atto di irrogazione delle sanzioni (all. 3), con il quale si applica la sanzione nella misura ordinaria nel caso di omessa autofatturazione dell'importazione di prodotti energetici. In particolare, pur riconoscendo la detrazione dell'imposta, l'Ufficio contesta la sanzione nella misura del 100%, ai sensi dell'art. 6, comma 9-bis, del D.lgs. 471/1997 (cfr. pag. 9).
4.6. Conclusioni
La scrivente Commissione di Studio ritiene di aver sufficientemente illustrato le motivazioni di diritto, provate dalla casistica prodotta, che consentono a codesta Commissione di procedere ai sensi dell'art. 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, secondo cui " La Commissione, quando reputi che uno Stato membro abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati, emette un parere motivato al riguardo, dopo aver posto lo Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni.
Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia dell'Unione europea ".

Art. 5

ALLEGATI

- All. 1 - Sanzioni reverse charge
- All. 2 - Sanzioni reverse charge

Art. 6

Documenti successivi - Lettera Commissione Europea - 5 luglio 2011

Art. 7

Documenti successivi - Lettera AIDC Sezione Milano - 19 luglio 2011

Art. 8

Allegato - Note di memoria in ordine alla Denuncia n. 8

COMMISSIONE PER L'ESAME DELLA COMPATIBILITÀ COMUNITARIA DI LEGGI E PRASSI FISCALI ITALIANE
IN SENO AIDC - MILANO
NOTE DI MEMORIA IN ORDINE ALLA DENUNCIA N. 8
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE DEL PRESIDENTE E DEL RELATORE IN ORDINE ALLE DENUNCIATE SANZIONI APPLICABILI IN CASO DI OMESSO REVERSE CHARGE NELLE OPERAZIONI TRANSNAZIONALI SENZA DANNO PER L'ERARIO
(DENUNCIA N. 8)
La Commissione per l'esame della compatibilità comunitaria di leggi e prassi fiscali italiane (Commissione di Studio AIDC) ha curato la stesura della denunzia alla Commissione europea dell'illegittimità dell'art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997, nella parte in cui si prevede l'applicazione della sanzione edittale in misura dal 100% al 200% nel caso di omessa autofatturazione, senza liquidazione, ancorché irregolare dell'imposta.
La denunzia non è stata protocollata dalla Commissione europea che, con lettera del 5.7.2011, ne ha preannunziato l'archiviazione senza idonea istruttoria, con la sostanziale motivazione che la violazione eventuale di norme relative all'impianto sanzionatorio non rientra nelle competenze della Commissione europea.
La Commissione di Studio AIDC ha reagito contro la comunicazione preventiva di archiviazione mediante lettera integrativa in cui sono stati ribaditi i motivi di illegittimità dell'originaria denunzia, mettendo in particolare luce gli obblighi imposti dal Trattato a carico della Commissione europea, a tutela della corretta applicazione dei diritto comunitario da parte degli Stati membri, nell'ambito del quale certamente rientra anche la funzione afflittiva in campo tributario.
L'integrazione inviata non è stata sufficiente ad impedire la definitiva archiviazione della denunzia presentata.
I motivi di sostegno della denunzia sono articolati come segue:
- Con riferimento al principio di proporzionalità
Secondo la giurisprudenza comunitaria richiamata nella denunzia, la determinazione della misura sanzionatoria, seppur attribuita alla competenza delle Autorità dello Stato membro, deve comunque rispondere al principio di proporzionalità, secondo cui la misura afflittiva deve essere graduata in funzione del danno arrecato, nel caso, di natura erariale.
- Con riferimento al principio di equivalenza
La constatazione che la sanzione ridotta al 3% si applica sotto la condizione che l'imposta sia stata "assolta, ancorché irregolarmente" discrimina irragionevolmente i comportamenti irregolari in ragione di un adempimento (l'assolvimento "irregolare" dell'imposta) che si manifesta, ad un tempo, inutile, in riferimento alla tutela degli interessi erariali, e praticamente impossibile, in riferimento alle autofatture "esterne" (per operazioni con altri Stati), caratterizzate dall'esistenza di un documento passivo (la fattura emessa dall'operatore non residente) privo, per sua natura di addebito dell'imposta, tale da non poter essere versata neppure "irregolarmente".
- Con riferimento al principio di effettività
L'infrazione è manifesta laddove si consideri che l'operatore nazionale, il quale intenda esercitare il diritto di detrazione ad esso spettante, anche nel caso di infrazione all'obbligo di autofatturazione, deve sottostare all'afflizione di una sanzione dal 100 al 200 per cento dell'imposta ammessa in detrazione.
.
La documentazione di sostegno di quanto sopra evidenziato è reperibile negli atti della denunzia in commento, disponibili nella versione integrale su questo stesso sito dell'AIDC.
(Avv. Paolo Centore)
(Dott. Joseph Holzmiller)

Art. 9

Estratto del verbale della riunione del 28 settembre 2011

Art. 10

Note allegate al verbale della riunione del 28 settembre 2011