AIDC - Sezione di Milano

Norme di comportamento N.192
Momento di emissione delle note di variazione Iva nelle procedure concorsuali.


D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 26D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 101

Norma di comportamento del 01 febbraio 2015 n. 192
Momento di emissione delle note di variazione Iva nelle procedure concorsuali.
SOMMARIO
» Art. 1

Art. 1

Massima

Nel caso di procedure concorsuali, il fornitore ha diritto di emettere una nota credito ai sensi dell'art. 26, comma 2, del D.P.R. 633/1972, nel momento in cui l'ammontare originariamente addebitato in fattura si manifesta, in tutto o in parte, non recuperabile e, quindi, anche prima della conclusione della procedura.
L'emissione della nota di variazione, ai fini IVA, può coincidere temporalmente con la rilevazione della perdita ai fini delle imposte dirette, secondo i parametri fissati dall'articolo 101, comma 5, del D.P.R. 917/1986.
L'art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, consente l'emissione delle note di variazione in diminuzione degli importi fatturati qualora, successivamente all'emissione e registrazione della fattura, si verifichi il mancato pagamento, in tutto o in parte, delle somme addebitate, a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose.
La norma citata costituisce il recepimento interno di due disposizioni della normativa comunitaria e, in particolare, l'articolo 90 e l'articolo 185 della direttiva 2006/112/CE (in seguito Direttiva)
Il confronto tra le disposizioni interne e quelle comunitarie evidenzia le seguenti anomalie.
L'art. 26 del D.P.R. 633/72 prevede che l'emissione della nota di variazione in diminuzione è facoltativa, rispetto alle corrispondenti disposizioni comunitarie che dispongono, come regola, l'obbligo di ridurre la base imponibile [1], mentre per quanto concerne la rettifica della detrazione da parte del cessionario o del committente la situazione è diametralmente opposta (obbligatoria per il diritto interno e facoltativa per quello comunitario [2]).
La norma nazionale circoscrive la rettifica facoltativa alle ipotesi in cui il mancato pagamento derivi da procedure concorsuali o procedure esecutive rimaste infruttuose, con una limitazione del campo di azione della riduzione non prevista dalla Direttiva ove si fa riferimento generico ad operazioni totalmente o parzialmente non pagate.
L'obbligo di riduzione dell'originaria base imponibile e, di conseguenza, della relativa imposta, previsto dall'art. 90, par. 1 della Direttiva è espressione del principio fondamentale del sistema IVA, secondo cui la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto, ed il cui corollario consiste nel fatto che l'amministrazione tributaria non può riscuotere a titolo di IVA un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo [3].
La facoltà riconosciuta dalla Direttiva a favore degli Stati membri di determinare le condizioni per l'esercizio della riduzione della base imponibile e della rettifica della detrazione [4] non è illimitata, ma deve tenere conto che la discrezionalità riconosciuta al legislatore nazionale non può risolversi in una regolamentazione contraria allo spirito della norma comunitaria di riferimento [5].
Quanto al momento di emissione della nota di variazione, gli artt. 90, par.1, e 185, par. 1, della Direttiva precisano che la rettifica deve essere eseguita "in caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo" (art. 90, par. 1) e "quando, successivamente alla dichiarazione dell'IVA, sono mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l'importo delle detrazioni" (art. 185, par. 1).
Il riferimento temporale è, dunque, determinato dall'insorgenza di un accadimento che estingue totalmente o parzialmente il fatto generatore, ovvero l'originaria operazione economica.
In assenza di specifiche indicazioni nell'ambito dell'art. 26, comma 2, del D.P.R. 633/1972, il momento nel quale emettere la nota di variazione deve essere individuato in coerenza con le indicazioni delle norme della Direttiva e, quindi, in concomitanza temporale all'accadimento che genera la variazione [6], ovvero in un momento temporalmente coincidente con l'accertamento della irrecuperabilità del credito.
Ciò è, peraltro, coerente con quanto riconosciuto dalla stessa Amministrazione finanziaria ai fini delle imposte sul reddito, secondo cui, in presenza di procedure concorsuali, opera un automatismo di definitività della perdita che si fonda sul presupposto che l'accertamento giudiziale o amministrativo dello stato d'insolvenza del debitore costituisce evidenza oggettiva della sussistenza degli elementi di certezza e precisione [7].
L'interpretazione dell'art. 26, comma 2, del D.P.R. 633/1972 in riferimento ai principi della Direttiva, come interpretati dalla Corte di giustizia, consente l'allineamento del momento di emissione della nota di variazione ai fini IVA con la rilevazione della perdita ai fini delle imposte dirette, determinando la precisa quantificazione della perdita per il solo imponibile, al netto dell'IVA addebitata in fattura [8].
L'interpretazione riassunta nella massima non viene ostacolata dalla formulazione letterale dell'articolo 26 del D.P.R. 633/1972, posto che la locuzione "rimaste infruttuose" si deve intendere riferita esclusivamente alle procedure esecutive individuali, ma non anche a quelle concorsuali [9].
A ulteriore conferma della coerenza sistematica di quanto esposto, si evidenzia che la diversa interpretazione [10] che posticipa l'emissione della nota di credito dopo la chiusura della procedura concorsuale genera uno squilibrio del principio di neutralità, considerato che, l'Amministrazione non può più insinuarsi come creditore al passivo fallimentare, essendo la procedura conclusa.
Si determina, così, la rinuncia al recupero dell'imposta da parte dell'Erario che comporta un doppio riconoscimento del credito IVA, a danno degli interessi erariali: la prima volta, a favore del cliente con l'esercizio della detrazione [11], nel momento di registrazione della fattura e la seconda volta, all'atto del recupero dell'imposta da parte del fornitore non soddisfatto dal riparto.
[1] L'art. 90 della Direttiva dispone che: "1. In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l'operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri. 2. In caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono derogare al paragrafo 1"
[2] L'art. 185, comma 2, della Direttiva dispone che: "2. In deroga al paragrafo 1, la rettifica non è richiesta in caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate, in caso di distruzione, perdita o furto debitamente provati o giustificati, nonché in caso di prelievi effettuati per dare regali di scarso valore e campioni di cui all'articolo 16. In caso di operazioni totalmente o parzialmente non pagate e in caso di furto gli Stati membri possono tuttavia esigere la rettifica".
[3] Cfr. Corte di giustizia, sentenza 26.1.2012, causa C-588/10, Kraft Foods Polska, punti 26 e 27.
[4] L'art. 186 della Direttiva dispone che: "Gli Stati membri determinano le modalità di applicazione degli articoli 184 e 185".
[5] Si veda Corte di giustizia, sentenza 3.7.1997, causa C-330/95 Goldsmith, punto 16. Sui limiti della facoltà riconosciuta agli Stati membri nel definire le condizioni per l'esercizio di tale riduzione, si v. le Conclusioni dell'Avv. Generale La Pergola nella medesima causa, punti 25 e 26, con richiamo alla sentenza della Corte di giustizia 15 maggio 1986, causa 222/84, Alphasteel / Commissione, punto 38.
[6] In tal senso, Cass. civ., sez. I, sentenza 17 giugno 1996, n. 5568.
[7] Circolare Agenzia delle entrate n. 26/E del 1° agosto 2013 e risoluzione n. 16/E del 23 gennaio 2009. La legittimità del riferimento alla disciplina delle imposte dirette trova una indiretta conferma anche nella circolare Agenzia entrate n. 31/E del 30/12/2014 (paragrafo 22), a commento del DL 175/2014, che ha esteso la facoltà di emissione delle note di credito anche nell'ambito di procedure non concorsuali, quali l'accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, ai sensi dell'articolo 182-bis del R.D. n. 267/1942, ovvero un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del R.D. n. 267/1942, pubblicato nel registro delle imprese.
[8] Sul punto non sono condivisibili le indicazioni fornite con la circolare n. 77/E del 17 aprile 2000, con la quale l'amministrazione finanziaria ha osservato che, per emettere la nota di variazione, il creditore insoddisfatto deve attendere l'esito del riparto finale del fallimento reso esecutivo dal giudice delegato (ex art. 117 della legge fallimentare), dopo il decorso di dieci giorni per le eventuali osservazioni dei creditori, oppure dopo che sia stato emesso il decreto di chiusura del fallimento e sia scaduto il termine per eventuali reclami al decreto stesso (art. 119 della legge fallimentare).
[9] Se il legislatore avesse voluto riferire l'infruttuosità anche alle procedure concorsuali non avrebbe usato la disgiunzione "o" tra le due fattispecie, bensì la congiunzione "e", potendo altresì omettere la ripetizione del termine "procedure". In proposito, si evidenzia che la formulazione dell'articolo 26, nella versione precedente rispetto alle modifiche apportate in sede di conversione del D.L. 79/1997, consentiva l'emissione della nota di credito "per mancato pagamento in tutto o in parte a causa (dell'avvio) di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose". La norma prevedeva due presupposti alternativi e "incompatibili" sotto il profilo temporale: l'avvio della procedura per quelle di carattere concorsuale e l'infruttuosità della procedura per le procedure esecutive individuali. L'abrogazione della locuzione "avvio" deve essere interpretata, in base al dato testuale della modifica, come volontà del legislatore di non far riferimento al mero avvio della procedura concorsuale e non può pertanto essere intesa come estensione del requisito dell'infruttuosità (richiesto per quelle individuali) anche alle procedure concorsuali.
[10] Avallata dalla stessa amministrazione finanziaria con la con la citata circolare 77/E/2000.
[11] L'esercizio della detrazione è indipendente dal pagamento della cessione del bene o della prestazione del servizio ad eccezione dell'ipotesi dell'IVA per cassa così come introdotta dall'art. 32 bis del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83