AIDC - Sezione di Milano

Denuncia del 15/04/2011
Illegittimita' comunitaria dell'imposizione fondata sugli studi di settore ai fini IVA


D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-bis

Denuncia del 15 aprile 2011 n. 7
Illegittimita' comunitaria dell'imposizione fondata sugli studi di settore ai fini IVA
SOMMARIO
»
» Art. 1
» Art. 2
» Art. 3
» Art. 4
» Art. 5
» Art. 6
» Art. 7

Commissione

DENUNCIA FISCALITA' INDIRETTA
COMMISSIONE DI STUDIO PER L'ESAME DELLA COMPATIBILITA' COMUNITARIA DI NORME E PRASSI TRIBUTARIE ITALIANE

Componenti:

Bozzi Avv. Aldo

Centore Avv. Prof. Paolo

Piazza Prof. Marco

Poggi Longostrevi Dott. Stefano (Segret. e deleg. alla divulgazione)

Savorana Dott. Alessandro

Vismara Avv. Prof. Fabrizio

Presidente:

Holzmiller Dott. Joseph (Relatore della denuncia)

Esperti:

Capelli Avv. Prof. Fausto

Marzorati Dott. Guido

Rizzardi Prof. Raffaele

Roscini Vitali Rag. Franco

Santacroce Avv. Prof. Benedetto

Zizzo Avv. Prof. Giuseppe

Partecipante di diritto

Roberta Dr.ssa Dell'Apa (Presidente dell'A.I.D.C.)

Art. 1

1) LA DENUNCIA: PREMESSA NECESSARIA

Secondo la consolidata giurisprudenza della suprema Corte di Cassazione, quivi allegata, gli studi di settore (in seguito anche "SDS") sono il risultato di elaborazioni statistiche e costituiscono indicatori di "media" probabilità atti a determinare un ammontare di ricavi annuo (o compensi) che una determinata impresa (o artista o professionista) "dovrebbe conseguire" in una situazione di "normalità" tenuto conto della dimensione organizzativa, dei suoi fattori produttivi e delle sua ubicazione geografica corrispondenti a pre-determinate fasce di mercato.
Dalle leggi e dalla giurisprudenza "aggregata" a questa denuncia, risulta che il Legislatore e, ancor più, l'Agenzia delle Entrate (dedita a massimizzare il gettito fiscale), si pongano l'obiettivo di GIUSTIFICARE l'applicabilità degli studi di settore (SDS) (quali indicatori di media probabilità) ai singoli casi concreti consci di usare metodi c.d. "standardizzati" o di "massa" per facilitare accertamenti fiscali "a tavolino" evitando di svolgere idonee indagini e verifiche fiscali specifiche ed inerenti ai singoli casi concreti.
Ora, detti studi di settore (SDS) vengono utilizzati, non solo ai fini dell'accertamento di maggiori imposte dirette, ma anche ai fini dell'accertamento di una maggiore IVA attuandosi, per tale via, un "sistema procedimentale generalizzato" che risulta essere sostanzialmente contrario al diritto "naturale" e positivo "comunitario" secondo cui il contribuente dovrebbe invece essere tassato solo in base ai suoi "effettivi" e "specifici" presupposti di imposizione ai fini IVA.
Per giustificare la riferita generalizzazione di detto sistema impositivo, l'Agenzia delle Entrate (in seguito anche "A.E.") "carica" gli SDS di significati probatori che, invece, essi non posseggono per se stessi, ma che sono stati loro attribuiti artificiosamente, dapprima con una interpretazione assai rigorosa e forzata e, poi, con forza probatoria più ridotta, ma pur sempre molto incisiva, a seguito di una ormai consolidata giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione.
Malgrado l'intervenuta mitigazione degli effetti probatori attribuiti agli SDS, questi continuano a costituire vere e proprie ricostruzioni statistiche che, seppure particolarmente affinate, rappresentano solo una verità teorica o "normalizzata" della posizione fiscale del contribuente.
Al contribuente è tuttavia consentito di fornire la prova contraria che però, a dispetto delle contrarie divulgazioni dell'A.E., continua ad essere connotata da una serie di gravi limitazioni oggettive e soggettive, tali da generare sicure alterazioni dei valori accertati rispetto a quelli effettivi e specificamente reali.
L'esposizione che segue si prefigge di evidenziare l'insanabile conflitto delle caratteristiche essenziali degli SDS con le pertinenti disposizioni della Direttiva 112/2006/CE (IVA) e, a tal fine, tralascia di riferire in merito a molti altri aspetti problematici ed alle incessanti innovazioni di dettaglio dei medesimi SDS al solo fine di non offuscare l'essenziale gravità dell'illegittimità comunitaria derivante dalla loro applicazione, quantomeno ai fini dell'IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO (IVA) con riserva di focalizzare, eventualmente in un secondo momento, rilevanti connotazioni di illegittimità comunitaria anche sul piano delle imposte dirette.
L'incessante susseguirsi e sovrapporsi delle leggi, delle circolari dell'A.E. e della giurisprudenza della suprema Corte di Cassazione, hanno determinato un tale ginepraio, inestricabile in ambito normativo ed interpretativo degli SDS, da rendere qui molto difficile l'ardua impresa di rappresentarne ordinatamente l'evoluzione e l'attuale stato legislativo, giurisprudenziale e di prassi.
Il labirinto legislativo, giurisprudenziale e di prassi in cui muovono gli SDS è infatti pervaso da una tale complessità da far rischiare di perdere di vista le gravi violazioni comunitarie su cui, invece, occorre conservare la dovuta attenzione.
Per questo motivo la presente denuncia farà principale riferimento, anche ai fini delle relative allegazioni, ad una Relazione tematica in materia redatta dalla Suprema Corte di Cassazione in data 9 luglio 2009 (Relazione C.C. - Alleg. 1) e, perciò stesso, assolutamente affidabile (in ordine all'applicazione degli studi di settore), in luogo del dedalo legislativo, giurisprudenziale e di prassi in cui risulterebbe fin troppo facile smarrirsi.
Al riguardo, spinta da prioritarie esigenze di comprensibilità, la scrivente Commissione di studio ha pertanto ritenuto utile "capovolgere" l'ordine degli argomenti, già utilizzato in passato, per approdare subito (direttamente) ai contenuti essenziali della presente denuncia.
Detti contenuti essenziali vengono quindi sorretti con idonei riferimenti a "ESPOSIZIONI AGGREGATE", quali esposizioni più approfondite per settori di argomenti concernenti:
1) la legislazione, la giurisprudenza e la prassi italiane
2) la legislazione e la giurisprudenza comunitarie.
A loro volta le prime (ossia le esposizioni aggregate, la legislazione, la giurisprudenza e la prassi italiane) sono confermate dagli atti allegati fra i quali, appunto, la suddetta Relazione Tematica C.C. anche al fine di evitare l'allegazione di un "numero paradossale" di leggi, di circolari e di sentenze giudiziarie italiane, le quali, però, sono tutte richiamate, coordinate e sintetizzate nella stessa Relazione Tematica C.C.
Vengono inoltre allegate solo altre due successive sentenze della stessa Suprema Corte di Cassazione di cui:
- una (n. 26.636/2009) - (La Sentenza C.C.) riproducente la posizione definitiva della Suprema Corte perché emessa a Sezioni Unite insieme ad altre tre simili sentenze in pari data (n. 26635, 26637 e 26638) - Alleg. 2.
- L'altra (n. 14313/2010) comprovante taluni aspetti di dettaglio concernente il carattere transattivo e patteggiato dell'ammontare dei ricavi assoggettato ad IVA (e quindi anche del reddito) derivanti dagli SDS (Alleg. 3).
Infine viene allegata la parte (punto 8.2) della Circolare n. 12/E del 12/03/2010 (Alleg. 4) in cui l'Agenzia delle Entrate riferisce di ritenere lecito "comprovare le risultanze standardizzate degli SDS" con risultanze standardizzate di altra natura così come con altri indici di spesa che possano rivelare una maggiore capacità contributiva del contribuente ANCHE IN ASSENZA DI UN ATTENDIBILE COLLEGAMENTO CON LA SUA ATTIVITA' DI IMPRESA.
Tenuto conto di quanto precede, questa Commissione di Studio, preso atto della complessità dei suddetti ALLEGATI, ha ritenuto di contrassegnare, con fondo giallo e con segmenti verticali a margine, i punti salienti e/o più significativi della denunciata illegittimità comunitaria al fine di facilitarne la verifica.

Art. 2

2) LA DENUNCIA: MOTIVI DI ILLEGITTIMITA' COMUNITARIA

1. Atteso quanto appena esposto nella necessaria "premessa", giova focalizzare i gravi motivi di illegittimità comunitaria che pervadono l'applicazione degli Studi di settore (S.D.S.) principalmente ai fini IVA, in relazione:
- ai contenuti della relativa normativa italiana;
- all'attuale approdo Giurisprudenziale nazionale rappresentato dalla Relazione Tematica della Suprema Corte di Cassazione n. 9 del 9 luglio 2009 (Relazione C.C.) e dalle successive quattro sentenze della stessa Corte emesse a Sezioni Unite in data 1° dicembre 2009 n. 22635 - 8 che hanno fatto propri i contenuti della predetta relazione tematica;
- all'attuale prassi applicata dall'Agenzia delle Entrate (A.E.), ora convergente sulla predetta giurisprudenza a risultanza dell'abbandono di una precedente evoluzione interpretativa persino più restrittiva di quella attuale;
2. Al riguardo può ben ritenersi che detto compendio possa epilogarsi nelle seguenti verità ritenute fondamentali ai fini che qui interessano:
gli S.D.S. appartengono al genus degli accertamenti standardizzati ed esprimono un complesso risultato di sofisticate elaborazioni statistiche-matematiche volte a determinare un ammontare annuo di ricavi conseguibile in una situazione di NORMALITA' ECONOMICA. (v. Aggregato I/B - 1)
Anche i recenti "correttivi" congiunturali rivestono connotazioni di normalità economica settoriale per dimensioni e per ambiti geografici.
3. Gli S.D.S. conducono dunque ad applicare l'IVA, non già in base al sempre illegittimo valore normale DI UNA SINGOLA OPERAZIONE compiuta dal soggetto passivo, bensì (di più!) in base al VALORE NORMALE DI TUTTE LE ORDINARIE OPERAZIONI ATTIVE COMPIUTE ANNUALMENTE NEL LORO COMPLESSO (vendite e prestazioni di servizi) da parte di uno STESSO SOGGETTO PASSIVO.
La GRAVITA' è dunque sicuramente maggiore!
4. Anche la necessità del CONTRADDITTORIO con il contribuente interessato, solo recentemente imposto al fine di "PERSONALIZZARE" i risultati degli S.D.S., si traduce spesso inevitabilmente in un "RIMEDIO SOLO FITTIZIO E/O APPARENTE", posto artificiosamente a giustificazione dell'accertamento presuntivo che ne consegue ovvero solo funzionale ad un componimento di natura pattizia e transattiva dell'imponibile fra Agenzia Entrate (A.E.) e contribuente interessato.
5. L'obbligo di esperire il contraddittorio, seppure apprezzabile sotto un aspetto puramente teorico, riveste anche sicure connotazioni di fragilità e di inadeguatezza sul piano della tutela del diritto del contribuente ad essere tassato per i risultati economici effettivi soprattutto ai fini dell'IVA (v. Aggregato I/C e I/D).
Detta circostanza viene in rilievo con tutta evidenza laddove si prenda atto degli elementi, caratteristiche e condizioni riferite nelle esposizioni "Aggregate" più specificamente riassumibili come segue:
a) Nell'Aggregato I/E (cui si fa espresso rinvio) è spiegato come i contribuenti ed i loro difensori non possano avere conoscenza delle nozioni tecniche e metodologiche altamente sofisticate che sono alla base della quantificazione.
Essi, infatti, non hanno possibilità di contestare alcuno degli elementi di criticità statistico-matematici laddove potrebbero risultare NON IDONEI a giustificarne l'applicazione ai loro specifici casi concreti (pag. 50, 51 e 121 della relazione C.C. nonché Aggregato I/D).
b) Al contribuente è precluso di contestare le "regole non logiche" alla base della formazione degli S.D.S. quali, ad esempio, la eliminazione, da parte dell'A.E, dei questionari "statistici" ritenuti (soggettivamente) non corretti da parte della stessa A.E. Fra questi valga anche solo ricordare l'inopinata esclusione delle aziende in perdita dai campioni rappresentativi in commento, assunti a base statistica degli SDS (v. ancora l'Aggregato "I/E") con il risultato di rendere inaffidabili gli SDS persino sul piano puramente statistico.
Utile è infine richiamare anche la discutibile definizione di territorialità quale correttivo alle c.d. variabili indipendenti dei diversi gruppi omogenei ecc. (pag. 51 della relazione C.C.)
c) Al contribuente non è neppure concesso di fare valere le risultanze della sua contabilità ancorchè riconosciuta formalmente corretta ed incontestata. (punto 5.f.-b) - al penultimo periodo di pag. 118 Relazione CC).
d) Si aggiunga che, al contribuente, non è neppure concesso di far valere tutta una serie di posizioni meramente soggettive costituite da fattori della personalità e di posizionamento nella realtà sociale, normalmente influenti sul perseguimento dei ricavi effettivi e sulla loro entità, ad esempio, quali quelli di natura:
- Attitudinale
- Valoriale
- Psicologica
- Intellettiva
- Socio-relazionale
Infatti dette situazioni soggettive incidono molto, spesso in modo rilevante:
- sulla scala gerarchica dei valori esistenziali dell'imprenditore (professionista o artista) rapportati al valore personalmente attribuito al profitto quali, ad esempio, la maggiore dedizione del tempo alla famiglia e alle relazioni affettive, a se stessi, la necessità o maggiore propensione alla gratificazione dei propri dipendenti che riduce il valore aggiunto per ogni addetto risultando quindi influente anche sulla generazione dei ricavi tassabili anche ai fini Iva, ecc. ...
- sugli elementi di efficienza imprenditoriale e sulla competitività nel mercato quali, ad esempio, il maggiore o minore grado di intelligenza, la capacità e la determinazione imprenditoriali, così come il maggiore o minore grado di formazione tecnica e commerciale dell'imprenditore o del professionista nel settore economico di appartenenza, ecc.
- sulla possibilità di accesso a taluni segmenti di mercato diversamente "aperti" a taluni posizionamenti socio-relazionali, ecc. ...
6. Ora, se è vero che potrebbe apparire talvolta anacronistico pretendere di far valere dette posizioni soggettive in un ambito probatorio presuntivo fondato su dati medi statistici, risulta altrettanto incontestabile che i richiamati elementi di soggettività giocano un ruolo importante laddove, (come nel caso dell'IVA) la base imponibile debba essere solo quella "effettiva", "concreta" e "soggettiva" essendo vietato fondarne l'imposizione sulla base di dati stimati (statistici) ancorchè secondo criteri oggettivi in conformità con il consolidato insegnamento della Corte di Giustizia come anche riferito nell'Aggregato "II/B-2".
7. Sul punto, il contrasto in esame con il diritto comunitario diventa ancor più stridente ed accentuato se si considera che, nel migliore dei casi, la c.d. "personalizzazione" della base imponibile IVA è di fatto costituita da un accordo "elastico" "empirico" e "transattivo" fra A.E. e contribuente a risultanza di un obbligatorio contraddittorio in cui la posizione della prima (A.E.) risulta rafforzata da ulteriori elementi altrettanto presuntivi spesso inconferenti come ad es. dai parametri da redditometro applicabili ad imprenditori, artisti e professionisti (v. Allegato n. 4). .
8. Orbene, dalle contestate disposizioni di legge (riferite nella Relazione C.C.), dalla richiamata giurisprudenza consolidata e dalle circolari generali di prassi, appare incontestabile che:
I) l'Amministrazione Fiscale può rettificare - su base "settoriale" - la dichiarazione IVA con esclusivo riferimento ai ricavi risultanti dal relativo SDS (non altrimenti provati) dopo aver svolto il previsto contraddittorio con il contribuente, caratterizzato dalle connotazioni elastiche, empiriche e transattive nonché dalle gravi limitazioni probatorie già in precedenza richiamate, senza tenere conto della sommatoria dei corrispettivi dichiaratamente conseguiti pur in assenza di alcuna prova di evasione nel caso concreto.
Nel migliore dei casi, l'esito che ne deriva è dunque un imponibile IVA annuale comunque diverso dalla sommatoria dei corrispettivi effettivamente conseguiti in un anno perché frutto di attività pattizia e transattiva fra funzionario fiscale e contribuente il quale peraltro, è posto - come si è già visto - in posizione di disparità competitiva.
II) Qualora, invece, il contribuente non intenda soggiacere all'onere di un'assistenza professionale nella preparazione e svolgimento di un contradditorio, in sede di dichiarazione annuale egli può "adeguare spontaneamente" i propri ricavi annuali al c.d. "ricavo puntuale" oppure ad un ammontare di ricavi complessivi annui inferiore ma compresa fra quest'ultimo ed il c.d. "ricavo minimo" attenuando, per tale via, sia i costi di assistenza professionale sia i rischi derivanti dalle proprie limitazioni probatorie retrorichiamata con il risultato di rendere tassabile, ai fini IVA, un imponibile annuo - non altrimenti provato - comunque e sempre scollegato dalla sommatoria dei propri corrispettivi effettivamente conseguiti.
Dalle precisazioni dell'A.E. risulta che il numero dei contribuenti di questa categoria è superiore ed in costante aumento rispetto a quelli che non si adeguano ai risultati degli SDS (All. n. 4: punto 8 Circolare n. 82/E/2010).
III) Terza ed ultima ipotesi è quella dell'imposizione automatica ed acritica degli SDS (gravata di pesanti sanzioni) che viene, per di più, sorretta da ulteriori presunzioni, spesso incongruenti, come quella fondata sui parametri di spesa personali dei contribuenti anche del tutto scollegati dall'azienda soggetta agli S.D.S.
Detta evenienza si verifica anche quando il contribuente, conscio delle limitazioni probatorie postegli, non abbia partecipato al contradditorio ovvero vi abbia partecipato senza esito di riduzione dell'imponibile presunto.
Superfluo commentare la circostanza che, soprattutto in tal caso, L'IMPONIBILE IVA annuale accertato - MA NON ALTRIMENTI PROVATO - è sicuramente differente dalla sommatoria dei corrispettivi annuali effettivamente conseguiti.
9. Tenuto conto di quanto precede, va da sé che l'applicazione degli SDS ad imprese, artisti e professionisti produce, anche ai fini dell'IVA, un effetto simile a quello di una "MINIMUM TAX" che viene MOLTO SPESSO PATTEGGIATA in sede di contraddittorio per addivenire ad una grandezza di ricavi (e di maggior reddito) definitiva.
Dalla banca dati degli SDS risulta che, nell'anno 2008, i contribuenti soggetti agli SDS erano oltre 3,5 milioni (Alleg. n. 5) con buona pace dei principi di effettività dell'IVA riferita ad ogni singolo contribuente, sostanzialmente indifeso al cospetto degli inaccessibili tecnicismi matematico-statistici propri delle descritte fasi di formazione degli SDS, delle già riferite scelte illogiche e soggettive compiute dall'A.E. nella formazione dei campioni rappresentativi e delle discutibili variabili geografiche senza contare l'impossibilità di far valere un ampio novero di posizioni soggettive (v.sopra: p.3-d) del contribuente sicuramente influenti sull'esito della specifica attività svolta (Aggregato I/E).
10. E, valga ancora ricordarlo, tutto ciò si verifica anche in presenza di una contabilità formalmente corretta ed incontestabile con gli altri mezzi di prova a disposizione dell'Amministrazione Finanziaria.
11. Peraltro anche talune analogie con il condono IVA (abbandono delle sanzioni e di successivi accertamenti presuntivi a mortificazione del principio di neutralità dell'IVA) rilevate al punto "1)" dell'aggregato "II/B", rendono la definizione per "adeguamento" del tutto illegittima sul piano comunitario.
12. Atteso tutto quanto precede viene in evidenza la pericolosa deriva dei discutibili presupposti di una sostanziale inversione dell'onere della prova, costituiti dal contenuto di un contraddittorio fra un funzionario dell'A.E. ed il contribuente laddove quest'ultimo viene posto su un piano di disequilibrio sostanziale attese le già descritte limitazioni probatorie a danno del contribuente da una parte (rivedi l'aggregato I/E e il presente paragrafo ai punti 1, 2, 3 e 4), e l'enfatizzato valore probatorio attribuito agli SDS, considerati "personalizzati" solo perché sottoposti all'impari contraddittorio, dall'altra parte.
13. Per effetto delle descritte connotazioni e limitazioni, il contribuente (persona fisica o giuridica), invece di essere considerato "INNOCENTE fino a prova contraria" fin dall'inizio del contraddittorio (come vorrebbe il raggiunto livello di civiltà giuridica degli Stati di diritto), oggi si pone come pregiudizialmente "COLPEVOLE" in base alle risultanze degli SDS (di presunta evasione) fino a prova contraria di difficile sostenibilità.
14. Valga infine ricordare che l'inversione dell'onere della prova è già stata censurata dalla Corte di Giustizia UE con sentenza del 09 Dicembre 2003, C-129/2000, Commissione/Repubblica Italiana peraltro già richiamata nell'Aggregato II/B/3 e, più recentemente, con sentenza del 9 Luglio 2009, c-397/07, Commissione Europea/Regno di Spagna.
15. A risultanza di tutto quanto precede e come anche risulta dalle esposizioni Aggregate da esaminare compiutamente, appare incontrovertibile come il denunciato regime di imposizione, fondato su dati statistici di "normalità economica" eventualmente "patteggiati" nonché su una sostanziale presunzione di colpevolezza, spesso tecnicamente incontrastabile, risulti applicato IN SPREGIO ai superiori principi di EFFETTIVA "SOGGETTIVA" DEI RICAVI, di NEUTRALITA' e di TRASPARENZA del sistema generale dell'IVA e mortifichi le ricordate statuizioni della Corte di Giustizia (v. Aggregato II/B) sia sul piano sostanziale della quantificazione della base imponibile sia sul piano procedimentale in tema di inversione di onere della prova posta a carico del contribuente. A questo, infatti, compete di contrastare i risultati degli SDS in attuazione di una attribuzione pressoché impossibile a causa dell'elevatissimo grado di tecnicità delle elaborazioni statistiche alla base della loro determinazione.

Art. 3

3) AGGREGATI RIFERIMENTI E CONSIDERAZIONI DI DETTAGLIO:

I/A) LA LEGGE NAZIONALE
- L'Articolo 39, comma 1, lettera "d" del D.P.R. n. 600/1973 (Legge sull'accertamento del reddito imponibile) e l'art. 54 del D.P.R. n. 633/1972 (Legge sull'imposta sul valore aggiunto: "IVA") stabiliscono che anche le presunzioni semplici assumono valore di prova purchè esse siano "gravi", "precise" e "concordanti".
- Il D.L. n. 331 del 30/08/1993, con l'art. 62-bis (aggiunto in sede di conversione nella L. 427 del 29/10/1993) ha introdotto la possibilità, per l'ufficio impositore, di effettuare accertamenti di reddito imponibile e dell'IVA dovuta dal contribuente sulla base di appositi studi di settore (S.D.S.) a decorrere dal periodo di imposta 1998.
- Infatti il successivo art. 62-sexies, comma 3, dello stesso decreto n. 331/1993 ha precisato che "gli accertamenti di cui all'art. 39, comma 1, lettera "d", del D.P.R. n. 600/1973 (accertamento del reddito imponibile) ed all'art. 54 del D.P.R. n. 633/1972 (accertamento dell'IVA) e successive modificazioni possono essere fondati anche sull'esistenza di gravi incongruenze riscontrate tra i ricavi ... dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta ovvero dagli studi di settore di cui all'art. 62-bis del presente decreto".
- Ai sensi di detta legge il contribuente che rileva dalla sua contabilità, un giro d'affari inferiore a quello desunto dagli SDS, può adeguare spontaneamente il suo giro d'affari a quello determinato con gli SDS al fine di evitare il più oneroso accertamento dei redditi imponibili e dell'IVA (art. 2 D.P.R. n. 195/1999).
- Il comma 3-bis dell'art. 10, legge 8/5/1998, n. 146 (introdotto con L. n. 311/2004 concernente la revisione periodica degli SDS), ha imposto l'obbligo agli Uffici delle Entrate di invitare il contribuente a comparire per esperire un "contradditorio" prima di effettuare l'accertamento di maggiori imposte dirette e di maggiore IVA, fondato sui risultati degli S.D.S. "anche" al fine di tentare una definizione "con adesione" del contribuente" ai sensi dell'art. 5 del precedente D.Lgs. n. 218 del 19/06/1997.
- L'art. 7-sexies del D.L. n. 203 del 30/09/2005 ha previsto anche la possibilità, in caso di mancato adeguamento spontaneo dei ricavi effettivi a quelli determinati mediante gli SDS, di attestare le cause giustificatrici della non congruità dei ricavi lasciando all'Ufficio impositore la valutazione della rilevanza (o meno) e degli elementi contenuti in detta giustificazione.
- Il D.L. n. 81 del 2/7/2007 ha introdotto i nuovi commi "14-bis" e "14-ter" al D.L. 27/12/2006, n. 296 laddove è stato precisato che gli indicatori di normalità economica (INE), previsti al precedente comma 14, hanno natura "sperimentale" fino alla revisione degli S.D.S. e costituiscono anch'essi presunzioni semplici. Veniva altresì affermato che i risultati di detti INE non sono oggetto di accertamento automatico spettando all'Ufficio accertatore di motivare e provare l'accertamento in caso di riscontrato scostamento fra i ricavi dichiarati e quelli fondati sui predetti indicatori.
- Il D.L. 29/11/2008, n. 185, art. 27 introducendo un articolo n. 10-ter alla suddetta Legge n. 146/1998, volto a sollecitare l'adesione del contribuente, stabilì che, in caso di detta "adesione", all'Ufficio delle Entrate è vietato effettuare ulteriori accertamenti presuntivi ai sensi dell'art. 39, c.1, lett. d, secondo periodo D.P.R. n. 600/1973 e dell'art. 54, c. 2, ultimo capoverso, D.P.R. n. 633/1972 (e dunque sia ai fini delle imposte sul reddito sia ai fini dell'IVA) qualora l'accertato ammontare dei ricavi non dichiarato, risultasse non superiore al 40% dei complessivi ricavi annui già definiti con l'adesione suddetta e fino ad un massimo di Euro 50.000.
- Ai sensi dell'art. 4 D.P.R. 31/05/1999, n. 195 nei confronti dei contribuenti esercenti attività d'impresa ovvero arti e professioni, per i quali non risultano ancora approvati gli SDS, l'accertamento si svolge in base a parametri già previsti nei commi dal 181 al 187 dell'art. 3 della Legge 28/12/1995 n. 549, i quali sono anche essi strumenti statistici di accertamento fiscale ancorchè meno "affinati" degli SDS.
Sotto il profilo soggettivo
Ai sensi del suddetto art. 10, commi 2 e 3, della Legge n. 146/1998 l'applicazione degli SDS è stata consentita anche ai fini degli accertamenti :
- ad imprese in contabilità semplificata anche in relazione ad un solo periodo di imposta;
- ad imprese in contabilità ordinaria "per opzione" in relazione a due periodi di imposta (anche non consecutivi) con ricavi inferiori a quelli desunti dagli SDS su tre periodi considerati;
- ad imprese in contabilità ordinaria per obbligo in caso di inattendibilità della contabilità (in base a criteri ex D.P.R. n. 570/ 1996).
Successivamente l'art.1, comma 409, della Legge n. 311/2004 ha disposto di assoggettare agli SDS anche i contribuenti soggetti alla contabilità ordinaria che abbiano dichiarato ricavi (anche per loro adeguamento spontaneo) per un ammontare complessivo annuo non superiore al limite quantitativo stabilito per ogni SDS (attualmente euro 5.000.000) per due periodi su tre, anche non consecutivi.
Detto limite quantitativo (allo stato) non può comunque essere superiore ai 7,5 milioni di euro.
I/B) LA GIURISPRUDENZA ITALIANA
Giova ricordare che nell'ambito della tematica in esame la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha stabilito l'estensione ed i limiti di validità e di applicabilità degli SDS dapprima mediante l'importante Relazione Tematica n. 94 in data 9 luglio 2009 (in seguito: "Relazione CC") come da allegato estratto relativo alle questioni che qui interessano - (ALLEG. 1) e poi mediante n. 4 Sentenze (n. 22635, n. 22636, n. 22637 e n. 22638 tutte depositate il 10 Dicembre 2008 (in seguito: "Le Sentenze CC") le quali costituiscono l'attuazione pratica degli orientamenti già espressi dalla stessa Corte di Cassazione nella precitata Relazione CC.
E poiché tutte e quattro le predette sentenze furono pronunciate dalla Suprema Corte a "Sezioni Unite" le enunciazioni in esse contenute costituiscono ormai PUNTI FERMI di valenza e di comportamento obbligato sia per l'A.E. dedita all'utilizzo degli SDS, sia per il Giudice Nazionale chiamato a decidere in merito alle controversie contro gli accertamenti del reddito imponibile e dell'IVA fondati sui medesimi SDS.
Nelle precisazioni e nei riferimenti che seguono saranno richiamati sia i rilevanti punti della ripetuta Relazione Tematica (che costituisce il fondamento dell'ultimo approdo "interpretativo" obbligato degli SDS) sia le enunciazioni contenute nella già citata sentenza n. 22636 (in seguito: "Sentenza CC") (ALLEG. 2) che sono perfettamente congruenti con le enunciazioni contenute nelle altre 3 suddette sentenze divergendone (talvolta) solo per una diversa enumerazione delle stesse enunciazioni a motivo di altri punti argomentativi (aggiuntivi o mancanti) che non rilevano (o non rilevano più) ai fini che qui interessano.
Con riferimento alla predetta giurisprudenza il regime applicabile risulta fondato sulle seguenti enunciazioni o punti fermi:
a) Gli SDS sono costituiti da elaborazioni statistiche sempre più affidabili e puntuali (p. 6 Relazione C.C. pag. 122 : v. Alleg. 1) che determinano una "ipotesi probabilistica" (p. 7 Sentenza CC: v. Alleg. 2);
b) Gli indicatori di "normalità" economica (INE) posseggono la stessa natura degli SDS (sostanzialmente p. 7.1 e 7.2 cit. Sentenza CC);
c) Gli SDS rilevano una "possibile" anomalia del comportamento fiscale che viene evidenziata dallo "scostamento" delle dichiarazioni del contribuente rispetto al livello "normale" determinato in base agli stessi SDS in relazione alla specifica attività del contribuente (p. 7.2 cit. Sentenza CC);
d) Gli INE, che l'Agenzia delle Entrate (A.E.) utilizza alla stregua degli SDS fino alla avvenuta revisione di questi ultimi, devono essere idonei alla determinazione dei ricavi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della "specifica attività svolta" (p. 7.1. cit. Sentenza CC).
I) Gli SDS costituiscono PRESUNZIONI SEMPLICI (cit. Sentenza C.C. p. 7.1);
II) I contribuenti non sono soggetti ad accertamenti automatici (di maggior reddito e di maggiore IVA) e, in caso di accertamento, spetta all'Ufficio accertatore di motivare e fornire elementi di prova per gli "scostamenti" riscontrati (cit. Sentenza C.C. p. 7.1);
III) Gli SDS rappresentano una POSSIBILE ANOMALIA del comportamento fiscale del contribuente con riferimento all'ammontare dei ricavi dichiarati rispetto a quello che l'elaborazione statistica stabilisce essere il "LIVELLO NORMALE" (ossia il "VALORE NORMALE") DEL COMPLESSO DEI RICAVI ANNUI attribuibile alla specifica attività svolta dallo stesso contribuente (cit. Sentenza C.C. p. 7.2);
IV) Tutto questo, secondo il predetto orientamento consolidato, "LEGITTIMA" l'avvio di una procedura finalizzata all'ACCERTAMENTO nel quale i predetti risultati statistici devono essere "CORRETTI" IN CONTRADDITTORIO con il contribuente in modo da "fotografare" la specifica realtà economica della singola impresa, i cui RICAVI dichiarati abbiano dimostrato una significativa (grave) incoerenza con la "NORMALE REDDITIVITA'" delle imprese omogenee considerate nello SDS applicato (cit. Sentenza C.C. p. 7.2);
V) Sussiste un onere del contribuente di "fornire la prova contraria in caso di accertamenti basati sugli SDS in presenza di gravi incongruenze dei dati da essi risultanti rispetto ai RICAVI dichiarati" (Sent. Corte di Cassazione del 15/06/2010 n. 14313 : Alleg. 3) oltre ad analoghe Sentenze Cass. 17/09/2010 n. 19744 e 21/09/2010 n. 19957;
VI) Ai fini della definizione dell'ammontare dei ricavi attribuibili al contribuente, l'A.F. può proporre una riduzione dei ricavi imponibili che poi, può non riconoscere più in fase di accertamento nel caso in cui il contribuente non aderisca a detta riduzione ritenendola inaccettabile. Ebbene in detta ipotesi "la proposta, in sede di contraddittorio preliminare, da parte dell'Amministrazione Finanziaria, di una riduzione dei ricavi non può essere interpretata, in generale, come riconoscimento della infondatezza dell'accertamento ma come volontà dell'Amministrazione di pervenire ad un ACCORDO TRANSATTIVO con il contribuente" (V. ancora cit. Sent. C.C. n. 14313/E/2010).
Secondo l'A.F., si tratterebbe dunque di una legittima transazione sull'ammontare dei ricavi sul quale applicare l'IVA dovuta dal contribuente indipendentemente dall'effettiva rilevazione dei ricavi nella sua contabilità anche quando quest'ultima risulti formalmente corretta e NON smentita per mezzo di alcuna prova contraria "effettiva e diretta".
I/C) LA PRASSI FISCALE ITALIANA
Ai fini interpretativi ed applicativi, l'Agenzia delle Entrate (A.E.) ha emanato diverse circolari ministeriali attraverso le quali ha modificato più volte il suo orientamento non solo in funzione delle copiose modificazioni normative via via introdotte dal legislatore nazionale, ma anche in coerenza con l'evoluzione della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione soprattutto in tema di valenza probatoria degli SDS e dei limiti di difesa del contribuente.
Al riguardo giova fare ancora costante riferimento all'importante Relazione tematica della Corte di Cassazione nella quale vengono richiamate le più rilevanti circolari qui di seguito elencate insieme con talune altre ritenute meritevoli di menzione in quanto sopraggiunte successivamente in accoglimento sia delle conclusioni espresse dalla Relazione CC (pag. 43 e 44), sia delle successive sentenze della stessa Corte di Cassazione (a Sezioni Unite) che le hanno fatte proprie.
- circ. 27 Giugno 2002, n. 58/E;
- circ. 16 Febbraio 2007, n. 11/E;
- circ. 22 Maggio 2007, n. 31/E;
- circ. 12 Giugno 2007, n. 38/E;
- circ. 6 Luglio 2007, n. 41/E;
- circ. 23 Gennaio 2008, n. 5/E;
- circ. 29 Maggio 2008, n. 44/E;
- circ. 18 Giugno 2009, n. 29/E;
- circ. 12 Marzo 2010, n. 12/E (paragr. 8);
- circ. 14 Aprile 2010, n. 19/E;
- circ. 18 Giugno 2010, n. 34/E;
- circ. 23 Giugno 2010, n. 38/E.
Per ripercorrere un breve excursus storico, utile alla migliore comprensione della contestata modalità di accertamento ai fini IVA, converrà suddividere la più recente evoluzione di prassi in alcuni periodi di tempo più significativi ai fini che qui interessano, atti a far rilevare che, anche secondo la prassi, l'IVA richiesta alla grande platea dei contribuenti italiani soggetti agli SDS è applicata, non già sui corrispettivi effettivamente conseguiti nelle reali transazioni economiche effettuate, ma su un ammontare di ricavi annui risultanti da complessi procedimenti statistico-presuntivi (SDS) ovvero su valori transatti con il contribuente.
Ciò non senza precisare che detti risultati vengono adattati alle singole situazioni concrete in modo del tutto "empirico ed approssimativo" che va dalla ricerca di un imponibile concordato con il contribuente, influenzato dalla capacità di contraddittorio di quest'ultimo, fino alla ricerca di ulteriori elementi di supporto spesso incoerenti con l'effettiva l'imponibilità IVA del soggetto interessato soprattutto quando costituiti da indici di capacità di spesa personale senza alcun collegamento oggettivo con l'impresa soggetta a SDS.
Autosufficienza degli S.D.S. (presunzione legale relativa):
Con riferimento alla enfatizzata attitudine probatoria degli S.D.S. risulta significativa la circolare n. 58/E del 27 Giugno 2002 con la quale l'A.E. sosteneva che "l'importo (alias:i Ricavi - n.d.r.) determinato in base agli S.D.S. ha valore di presunzioni legale relativa ed in presenza delle condizioni richieste dall'art. 10 L. 146/1998 può essere, senz'altro, posto a base di eventuali avvisi di accertamento senza che gli Uffici siano tenuti a fornire altre dimostrazioni in ordine alla motivazione della loro pretesa".
L'efficacia probatoria rimaneva poi "sostanzialmente" immutata anche con il successivo riconoscimento della qualificazione di presunzione semplice degli SDS quando con Circolare 16/2/2007 n. 11/E l'A.E. ha sostenuto che lo scostamento dei ricavi dichiarati, rispetto a quelli desunti dagli S.D.S., costituisce si presunzione semplice, ma già dotata dei requisiti di "gravità, precisione e concordanza" cui la legge italiana attribuisce autonomo valore di "Prova" già di per sé idonea a giustificare l'avviso di accertamento, salva prova contraria del contribuente in sede contenziosa" ex Art. 62-sexies, c. 3, D.L. n. 331/1993 conv. L. n. 427/1993 relativamente agli accertamenti analitici fondati su prove presuntive di cui all'art. 39, c. 1, lettera "d)" D.P.R. n. 600/1973 (Accertamento di Imposte dirette) e di cui all'art. 54, D.P.R. n. 633/1972 (Accertamenti di maggiore IVA).
In detta circolare veniva infatti confermato che "gli accertamenti basati sugli studi di settore possono essere effettuati .... senza che l'Amministrazione finanziaria debba fornire ulteriori dimostrazioni a sostegno della pretesa tributaria".
Con tale affermazione veniva prospettata l'autosufficienza degli accertamenti basati sugli S.D.S. salva prova contraria da parte del contribuente che, come si vedrà, è tutt'altro che facile e, in taluni casi, addirittura impossibile quando fondata su elementi soggettivi ritenuti non ammissibili (pag. 58 e 59 della Relazione CC).
Necessità di contradditorio (presunzione semplice):
Con successiva circolare n. 5/E del 23/01/2008, a parziale modifica del precedente indirizzo, l'A.E. assumeva che l'uso automatico degli S.D.S. non poteva essere consentito ai fini dell'accertamento fondato sugli stessi in assenza di un preliminare (necessario) CONTRADDITTORIO con il contribuente chiamato a ("discolparsi") dare al funzionario dell'A.E. l'eventuale prova contraria a totale o parziale confutazione delle risultanze degli S.D.S. in quanto applicate alla sua specifica situazione concreta.
Personalizzazione degli S.D.S. (necessità di ulteriori elementi):
Come si è già visto trattando della Giurisprudenza italiana, nelle sentenze emesse dalla Suprema Corte di Cassazione a "Sezioni unite" il 18/12/2009 (numeri 26635-6-7-8) è stata accentuata la necessità che il risultato degli S.D.S. venga "personalizzato" nell'ambito del contraddittorio, affinché la validità probatoria della presunzione venga rafforzata (alias:personalizzata) sulla base degli elementi di novità che potrebbero emergere in sede di contraddittorio anche a correzione della presunzione stessa.
Viene cioè sostenuto che detti elementi (laddove accolti o meno a discrezione del funzionario dell'A.E.) servono a personalizzare il risultato degli S.D.S. posto che già a quest'ultimi sembra potersi attribuire - in via generale - una alta probabilità di coerenza con l'effettiva situazione del contribuente.
Sempre al fine di perseguire l'invocata "personalizzazione" degli S.D.S., l'A.E. si è poi orientata a far valere altri elementi "indice" di capacità contributiva personale e familiare (c.d. "Redditometro") anche a supporto della determinazione dei ricavi degli Enti collettivi (società di persone e di capitali) di cui le persone fisiche, assoggettate al "redditometro", facciano parte.
Al riguardo, valga riferire che in sede del recente "Telefisco 2010" è stato chiesto all'A.E. se, a seguito delle recenti sentenze della Corte di Cassazione, Essa ritenga di continuare ad avvalorare i risultati degli S.D.S. (applicabili ad una specifica impresa) mediante la dimostrazione del possesso, da parte di taluni soci, di beni personali come autovetture ed immobili, che molto spesso non hanno alcuna attinenza con l'attività d'impresa svolta dalla società medesima.
A questo quesito l'A.E. ha risposto - con evidente forzatura - sostenendo che, a suo parere, questo orientamento risulterebbe congruente (non contrario) con il contenuto delle suddette sentenze di Cassazione in quanto queste, lasciano scelta libera all'A.E. e "non fanno alcun riferimento alle caratteristiche degli elementi che, nell'ambito del necessario contraddittorio, possano contribuire alla personalizzazione del risultato degli S.D.S. (rectius: alla conferma dell'alta probabilità che il risultato sia coerente con l'effettiva situazione della società contribuente)" (v. All. Circ. n. 12/E/2010).
Con ciò viene sempre più in rilievo l'orientamento di "trascurare" la determinazione dei ricavi soggetti all'IVA sulla base delle transazioni "effettive" (anche se risultanti da contabilità regolare) per desumere l'esistenza di maggiori ricavi (tassabili ai fini IVA) sulla base degli elementi che evolvono al di fuori dell'attività dell'impresa senza necessità di dimostrare alcun nesso di causalità o di sicura correlazione con quest'ultima se non in via molto mediata, eventuale, e, ancora una volta, altrettanto "presuntiva".
Conclusivamente, ciò che conta in questa sede, è cogliere gli aspetti più salienti dell'evoluzione subita dalla Prassi in commento fino al suo attuale punto di approdo che enfatizza il valore probatorio degli S.D.S., in quanto strumentale ad un loro "utilizzo standardizzato" o "di massa" al quale, come si vedrà, corrisponde anche una riduzione dei margini di tutela del contribuente.
Valga peraltro rilevare che la possibilità di prova contraria del contribuente è spesso più formale (apparente) che reale soprattutto quando le sue ragioni, seppure esistenti e reali, non possono rientrare in quegli stereotipi che il funzionario dell'A.E. ritiene idonei a giustificare il riscontrato scostamento dei ricavi effettivi dichiarati dai risultati degli S.D.S.
Questi ultimi infatti continuano a costituire "punti di riferimento" per la determinazione dell'imponibile ai fini IVA poiché rappresentano conclusioni di elaborazione statistico-matematiche fondate su dati ritenuti "obiettivi" e come tali attribuibili in astratto ad uno specifico contribuente considerato "normale".
Il successivo contraddittorio ormai ritenuto necessario, viene poi "caricato" di capacità di "personalizzazione" che, in realtà, esso NON possiede se non in via solo parziale ed eventuale risolvendosi, nel migliore dei casi, nella determinazione di un "imponibile intermedio" fra quello risultante dalla contabilità del contribuente e quello c.d. "normalizzato" fondato sugli S.D.S. alla stregua di un compromesso patteggiato necessariamente in maniera EMPIRICA E APPROSSIMATIVA come è dato rilevare in chiusura della ripetuta Relazione Tematica C.C. laddove, senza ammettere espressamente l'empiricità e l'approssimazione della definizione reddituale imponibile, così si esprime: sembra allora che non si possa non tener conto de...l'applicabilità modulare (secondo cui) i predetti criteri stabiliti con riferimento a situazioni di normalità, vanno adattati alla realtà del contribuente, al punto che possono essere applicati "anche parzialmente" (pag. 129 Relazione C.C.).
I/D) "ADEGUAMENTO" (SPONTANEO) DEI RICAVI DEL CONTRIBUENTE: RICAVO PUNTUALE, RICAVO MINIMO E INTERVALLO DI CONFIDENZA
Il programma informatico elaborato dall'A.E., chiamato "GE.RI.CO." (Gestione dei Ricavi o Compensi), che permette l'applicazione degli SDS al singolo soggetto economico, determina anche, per ogni contribuente:
- il c.d. "Ricavo Puntuale", costituito dall'ammontare di ricavi annui presunti attribuibile al soggetto economico considerato;
- il c.d. "Ricavo Minimo", costituito da un livello di ricavi annui presunti al di sotto del quale la sommatoria dei ricavi annui effettivi rilevati dal Contribuente è considerata "non giustificabile";
- il c.d. "intervallo di confidenza" costituita da un segmento di valori (gap) ritenuti "possibili", compresi fra il primo (Ricavo Puntuale) ed il secondo (Ricavo Minimo).
Il contribuente che abbia conseguito e dichiarato un volume di ricavi annui che si colloca "naturalmente" all'interno dell'intervallo di confidenza, è considerato "in linea" con le risultanze degli S.D.S.
Al contrario, il Contribuente che abbia conseguito un volume di ricavi annui che si colloca (anche di pochissimo) al di sotto del Ricavo Minimo è tenuto ad adeguare i suoi ricavi al Ricavo Puntuale (più elevato) sottoponendo la differenza alla tassazione delle Imposte dirette e dell'Imposta sul Valore Aggiunto (IVA).
In alternativa, quest'ultimo contribuente potrebbe anche adeguare il livello dei propri ricavi ad una misura (inferiore) ricadente nel ripetuto intervallo di confidenza, ma dovrà fornire, a richiesta dell'A.E., idonei e "convincenti" motivi che giustifichino siffatto adeguamento (ridotto) ad una grandezza comunque inferiore al Ricavo Puntuale (che è un dato anch'esso statistico) affinché anche la maggiorazione dei ricavi al predetto livello possa essere ritenuta "congrua" (pag. 52 della Relazione CC).
Infine, a seguito della già ricordata introduzione degli Indicatori di Normalità Economica (INE), applicabili nella fase transitoria che precede la formazione degli S.D.S. "revisionati", il Contribuente non potrà essere destinatario di accertamento (per maggiori II.DD. e per maggiore IVA) qualora egli abbia dichiarato, anche per effetto di un adeguamento "spontaneo", un ammontare annuo di ricavi in misura "NON INFERIORE" al MAGGIORE tra il livello di ricavi determinati con l'applicazione degli INE ed il livello di ricavi Puntuale previsto dagli SDS non ancora revisionati (pag. 54 Relazione CC).
Anche quest'ultima previsione normativa è poi complicata dalla previsione di limitazioni e di condizioni che non alterano il valore sostanziale della determinazione dei ricavi tassabili in misura presunta superiore a quella effettivamente contabilizzata e dichiarata dal contribuente (pag. 54, 55 e 56 Relazione CC).
I/E) LE FASI ED I METODI DI FORMAZIONE DEGLI SDS E L'IMPOSSIBILITA'DI CONTESTARNE LA RIFERIBILITA'ALLA SPECIFICA ATTIVITA'SVOLTA IN CONCRETO
La stessa Relazione della Corte di Cassazione riferisce che, in dottrina (2) è stato rilevato che " gli SDS sono idealmente costruiti attraverso "SEI FASI DISTINTE" così riassunte:
Vengono eliminati tutti i questionari (per raccolta dei dati) ritenuti "non corretti" attraverso modalità di analisi statistiche inficiate da elementi induttivi (soggettivi dell'A.E. - ndr) i quali non possono essere oggetto di alcuna controprova da parte del contribuente (pag. 50 Relazione CC).
Vengono identificati i "gruppi omogenei di attività" (c.d. clusters) che, fra loro, si differenziano sia qualitativamente -per la tipologia di attività svolta - sia quantitativamente - per le dimensioni dell'attività stessa (pag. 50 Relazione CC).
Vengono selezionati i contribuenti ritenuti significativi sui quali viene costruita una "funzione matematica" che rappresenta l'andamento dei ricavi all'interno di ciascun gruppo (pag. 50 Relazione CC).
In questa fase metodologica vengono eliminati, dal compendio statistico, i contribuenti considerati "NON NORMALI" attraverso scelte meramente valutative (sempre soggettive dell'A.E.).
E' interessante rilevare che attraverso dette scelte, vengono estromessi tutti i contribuenti che hanno sopportato perdite così da prendere in considerazione soltanto i contribuenti con risultati economici positivi ritenuti, dall'A.E., coerenti con l'attività svolta (pag. 50 Relazione CC).
Viene determinata la funzione matematica per la determinazione dei ricavi mediante la tecnica statistica della c.d. regressione multipla.
In detta funzione matematica l'ammontare dei ricavi è considerata una variabile dipendente mentre taluni dati contabili, strutturali e territoriali delle imprese sono considerati variabili indipendenti (pag. 51 Relazione CC).
Con riferimento a tutte le fasi che precedono, giova considerare che, in via generale, né gli Avvocati né i Dottori Commercialisti né gli Esperti Contabili (deputati alla difesa del Contribuente) risultano possedere una cultura statistico-matematica idonea a valutare la correttezza della riferibilità degli SDS al singolo caso concreto di ogni loro cliente sicchè devono accettarla necessariamente come tale "a scatola chiusa".
Viene attribuito il singolo soggetto ad un cluster (categoria di contribuenti) ritenuto di riferimento che, a sua volta - come si è appena visto - si distingue dagli altri Cluster per le variabili (indipendenti) strutturali rilevate dai questionari ritenuti NON ANOMALI (NON SCARTATI) ai fini della determinazione induttiva dell'ammontare dei Ricavi (pag. 51 Relazione CC) attribuibili alla singola azienda considerata.
a) Considerazioni di carattere probatorio:
Come è stato appena riferito, le prime cinque fasi di formazione degli SDS, NON consentono al contribuente interessato (Imprenditore, Professionista o Artista) di produrre alcuna prova contraria essendo, dette cinque fasi, sviluppate con tecnicismi statistico - matematici che sfuggono alla possibilità di comprensione e di governo sia da parte dello stesso contribuente sia da parte dei professionisti abilitati alla sua difesa (Avvocati, Dottori Commercialisti, Esperti Contabili, ecc.).
Solo la sesta fase potrebbe (ma non sempre) consentire al contribuente di verificare il fondamento del cluster assegnatogli senza peraltro poter rilevare tutti gli "scostamenti" delle caratteristiche dello stesso cluster rispetto alle caratteristiche specifiche della propria attività concretamente svolta.
Peraltro c'è anche la consapevolezza che gli SDS sono fondati sull'applicazione di regole anche NON logiche (ai fini della verità statistica) quali ad esempio:
- l'eliminazione dei questionari valutati soggettivamente (dall'A.E.) come non corretti;
- la selezione dei contribuenti in base ad un prefissato grado di "normalità" (per esempio con l'esclusione di contribuenti in perdita e di quelli con ricavi e redditività ritenuti inadeguati) (in chiusura di pag. 50 Relazione C.C.);
- la definizione della variabile territoriale.
- la definizione della variabile territoriale.
1) "Gli SDS NON dimostrano una verità empirica - che, come tale, sarebbe non contestabile -, ma, al contrario, sono basati su prove presuntive (alias: elementi presuntivi) che muovono da fatti pre-selezionati dall'Amministrazione Finanziaria (A.E.) per giungere induttivamente al fatto incerto, (costituito da) l'ammontare dei ricavi del cluster di riferimento" attribuibile al singolo contribuente specifico (in chiusura di pag. 51 Relazione CC).
2) La descritta applicazione degli SDS è sostanzialmente fondata su una PRESUNZIONE DI COLPEVOLEZZA FINO A PROVA CONTRARIA che il contribuente è chiamato a produrre - in via generale e secondo la più indulgente interpretazione della suprema Corte di Cassazione - nel corso di un contraddittorio il quale dovrebbe svolgersi (ma neppure questo sempre accade) fra un funzionario dell'A.E. ed il contribuente, gravato dalle sopra richiamate limitazioni probatorie.
Tutto ciò in palese contrasto con le costanti statuizioni della Corte di Giustizia valendo, al riguardo richiamarne qui la Sentenza del 09 Dicembre 2003, C-29/2000, Commissione CE/Repubblica Italiana (v. oltre al cap. II/B - 3/a).
II - NORMATIVA, GIURISPRUDENZA E PRESUPPOSTI "COMUNITARI"
II/A) LA NORMATIVA COMUNITARIA
Con riferimento alla Direttiva 2006/112/CE, valga considerare preliminarmente i c.d. "considerando" n. 8, 25, 28 e 61.
Al "considerando" n. 8 si precisa che le risorse proprie della Comunità includono, tra l'altro, quelle provenienti dall'IVA, ottenute applicando un'aliquota comune "ad una base imponibile determinata in modo uniforme e secondo regole comunitarie". Al "considerando" n. 25 si osserva che "la base imponibile dovrebbe essere armonizzata affinchè l'applicazione dell'IVA alle operazioni imponibili conduca a risultati comparabili in tutti gli Stati membri". Ed al "considerando" n. 61 si ribadisce come sia "essenziale garantire l'applicazione uniforme del sistema d'IVA".
Ne segue che l'adozione di un sistema di determinazione dell'imponibile che si differenzi dagli schemi della Direttiva porta con sé il rischio di una diversa applicazione dell'imposta nei diversi Stati membri. Ciò, oltre ad essere in aperto contrasto con gli scopi della Direttiva, elude il fondamentale obiettivo, di cui al "considerando" n. 28, di "evitare distorsioni alla concorrenza".
L'art. 73 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (appresso:"la Direttiva IVA") così recita:
"Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell'acquirente, del fruitore o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni".
L'articolo 77 della direttiva IVA fa anche riferimento al valore normale come base imponibile, ma solo per il caso in cui lo Stato membro abbia attuato il prospettato regime di autofornitura di un servizio. Lo stesso valore normale è altresì applicabile se gli Stati membri decidono ancora in tal senso con riferimento alle cessioni di oro da investimento alle condizioni di cui all'articolo 82 della direttiva IVA.
Anche l'articolo 80 della direttiva IVA contiene talune disposizioni volte a prevenire l'evasione o l'elusione fiscale le quali (disposizioni), a determinate condizioni, permettono agli Stati membri di fare riferimento, ai fini della determinazione della base imponibile, al valore normale dell'operazione effettuata. L'articolo è però riferito esclusivamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi destinati a soggetti connotati da legami familiari o altri stretti vincoli personali, gestionali, di associazione, di proprietà, finanziari o giuridici quali definiti dallo Stato membro.
Peraltro, detta disposizione è applicabile unicamente ai casi in cui l'acquirente di beni o servizi ovvero il cedente (o prestatore) degli stessi, non avendo interamente diritto alla detrazione dell'imposta, può alterarne il limite di deducibilità a favore dell'uno o dell'altro.
Ora, questa disposizione non è applicabile ad altre situazioni com'è quella in commento!
In base alle disposizioni citate ed alle rigorose eccezioni appena descritte, risulta fin troppo chiaro che la regola generale del sistema comune dell'IVA è quella secondo la quale la base imponibile IVA, in caso di cessioni di beni e di prestazioni di servizi, è costituita dal corrispettivo ricevuto dal cedente o dal prestatore. Il valore normale può essere impiegato a tal fine solo in casi specifici previsti esplicitamente nella direttiva IVA e alle esclusive condizioni in essa stabilite (e comunque diversi dal caso in esame).
Al di fuori di dette eccezioni, pertanto, si applica l'articolo 73 della direttiva IVA in base al quale la base imponibile è costituita dal corrispettivo ricevuto o da ricevere (pattuito fra le parti).
Ora, come è già stato ben rilevato, il DIVIETO di tassare le singole operazioni in base a VALORI DI NORMALITA' ECONOMICA ancorchè determinati secondo criteri obiettivi, A MAGGIOR RAGIONE, NON PUO' NON ESTENDERSI ALLA BEN PIU' GRAVE TASSAZIONE di TUTTE LE OPERAZIONI COMPIUTE NEL CORSO DI UN INTERO ANNO SOLARE sulla base degli stessi criteri vietati.
Valga anche richiamare qui la prassi della Commissione Europea
Emblematica della prassi in commento è la posizione recentemente assunta da codesta Commissione europea con l'apertura del procedimento di infrazione n. 2007/4575 nei confronti dello Stato italiano concernente il valore normale sulle transazioni immobiliari, ormai conclusosi con l'abrogazione della contrastante legge italiana.
Valga riportare qui alcuni "passi" del parere motivato di Codesta Commissione europea (Alleg. 4) attestante la sua posizione di piena censura di qualsiasi valore "normalizzato" ancorchè in base ai criteri obiettivi.
:
"... ... E' altresì giurisprudenza costante che la base imponibile per la cessione di un bene o la prestazione di un servizio è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto a tal fine. Tale corrispettivo costituisce quindi il VALORE SOGGETTIVO, ossia il valore realmente percepito in ogni caso concreto, E NON UN VALORE STIMATO SECONDO CRITERI OGGETTIVI".
"L'articolo 73 della direttiva IVA nel definire la base per il calcolo dell'imposta a livello comunitario intende garantire, di fatto, la neutralità fiscale, principio inerente al sistema comune dell'IVA. L'IVA è un'imposta sul consumo, pagata dal consumatore finale e non deve essere a carico del cedente o del prestatore, che coadiuva soltanto l'amministrazione fiscale nella sua riscossione. Ciò significa che il contribuente non può essere messo in una situazione in cui egli è responsabile dell'imposta che non è stata versata dal consumatore finale e, quindi, deve pagarne di tasca sua la differenza. Un esempio ancora più estremo può essere quello in cui il corrispettivo realmente ricevuto sia inferiore all'imposta che è presunta sulla base del valore normale dell'operazione.".
"Nei casi summenzionati, le autorità fiscali non solo otterrebbero l'imposta, che è pagata dal consumatore, ma verrebbero anche ad essere arricchite ingiustamente a spese del contribuente.
Questi scenari non sono previsti dal principio di neutralità, alla base del sistema comune dell'IVA, e pertanto sono incompatibili con le norme comunitarie sull'IVA, in particolare con l'articolo 73 della direttiva IVA.".
"La Commissione è d'accordo nel ritenere del tutto legittimo rettificare la base imponibile nel caso in cui esista qualche prova o indicazione che suggerisca la possibilità (in via specifica e non generalizzata - ndr) che il pagamento reale differisca da quello dichiarato.
Tuttavia, il mero fatto che l'importo dichiarato sia inferiore al valore normale (in particolare quando la differenza tra gli importi non sia molto importante) non può costituire, in re ipsa, prova di tale fatto, né può infine, modificare la definizione comune di base imponibile. Non è corretto presumere che i beni immobili siano acquistati sempre a prezzo di mercato e sulla base di tale premessa discostarsi dalla definizione comunitaria di base imponibile e, quindi, violare l'articolo 73 della direttiva IVA" (3) .
II/B) LE STATUIZIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA
PREMESSA
1) Alcune analogie con il condono IVA
A questa Commissione di Studio non consta che la Corte di Giustizia si sia mai occupata di accertamenti standardizzati riferiti al complesso dei ricavi ordinari annui di un soggetto passivo di IVA se non in sede di censura di tutte le previste forme di "Condono" IVA previste dagli articoli n. 8 e n. 9 della Legge n. 289/2008 in sede di procedimento di infrazione "C-132/06" la cui successiva sentenza del 17/8/2008 ha censurato le relative disposizioni di legge emanate dallo Stato italiano.
Dal vigente art. 2, co. 2 e co. 2-bis del D.P.R. 31 Maggio 1999, n. 195 è però facile cogliere sostanziali analogie fra il previsto "adeguamento spontaneo" dei ricavi annuali sulla base degli SDS e la forma di condono "semplice" (ossia diverso da quello "tombale").
In base al predetto "condono semplice" il contribuente eleva spontaneamente il proprio ammontare annuo di ricavi versando una determinata percentuale di quest'ultimo per godere di una determinata franchigia in occasione di un eventuale successivo accertamento - ai fini IVA - di maggiori ricavi.
Anche in materia di S.D.S., il contribuente che attiva il c.d. adeguamento "spontaneo" dei propri ricavi all'ammontare risultante dagli S.D.S., oltre alla conseguente maggiore IVA deve versare anche una maggiorazione (sanzione (?)) pari al 3% di detto adeguamento e può godere della franchigia prevista dalla legge.
In entrambe le fattispecie, gli effetti che ne conseguono posseggono la stessa natura e sono sostanzialmente riassumibili nei seguenti:
1/a) effetto di evitare sanzioni in caso di successivo accertamento.
1/b) evitare accertamenti presuntivi successivi entro una determinata soglia percentuale dei ricavi spontaneamente adeguati costituita dal 40% fino ad un max di Euro 50.000,00= nel caso degli SDS (come da vigente art. 10-ter L. 146/98) e dal 200% dell'IVA integrata nel caso di condono "semplice" (ex art. 8.L. 289/2002).
1/c) viene tradito il principio di "neutralità dell'IVA" in quanto, gli operatori economici che effettuano le stesse operazioni possono subire un diverso trattamento in conseguenza dell'aver fatto, o meno, questo "adeguamento spontaneo".
Peraltro, rispetto agli adeguamenti da "condono normale" (art. 8) ispirati a determinazioni "soggettive" del contribuente, gli adeguamenti degli SDS rivestono certamente maggiore gravità perché "guidati" da "elementi obiettivi" (ricavo puntuale e ricavo minimo) costantemente censurati dalla Corte di Giustizia.
Al di fuori di questo precedente relativo al condono semplice, valgano comunque le censure statuite dalla Corte di Giustizia con riferimento al valore normale (o oggettivo) dei ricavi conseguiti nelle singole operazioni che non rientrano nelle limitate eccezioni previste dalla Direttiva IVA.
Valga infatti riportare qui le fondamentali statuizioni della Corte di Giustizia contenute nella Sentenza del 17 Luglio 2008, C-132/06, Commissione europea/Repubblica italiana
Punto 39:
In base al principio di "neutralità" ... ... gli operatori economici che effettuano le stesse operazioni NON devono essere trattati diversamente in materia di riscossione dell'IVA (Sent. 16/9/2004, C-382/02, Cimber Air, p. 24).
Ogni azione degli Stati membri riguardante la riscossione dell'IVA deve rispettare questo principio".
Punto 44:
"Ne deriva che la legge 289/2002 (condono IVA) pregiudica seriamente il corretto funzionamento del sistema comune dell'IVA.
Le disposizioni di detta legge, introducendo rilevanti differenze di trattamento tra i soggetti passivi sul territorio italiano, alterano il principio di neutralità fiscale. Per lo stesso motivo, queste disposizioni violano l'obbligo di garantire una riscossione equivalente dell'imposta in tutti gli stati membri".
Punto 31:
"Il Governo italiano ha dichiarato "che la propria Amministrazione Finanziaria non è in grado di controllare la totalità dei contribuenti, con la conseguenza che il regime previsto ... ... consente di incamerare subito una parte non trascurabile dell'imposta e di indirizzare l'attività di controllo nei confronti dei contribuenti che non si sono avvalsi del condono in esame".
N.B.
Valga considerare - allo stesso modo e fatti salvi rari casi - che in via pratica e generale vengono colpiti dai controlli i soli contribuenti che non si adeguano agli SDS, venendo ignorati (di fatto) quasi totalmente i contribuenti che si sono adeguati alla stregua di un "quasi premio" riservato a questi ultimi.
2) Illegittimità dell'imposizione IVA sui valori "normalizzati" o comunque determinati secondo criteri obiettivi
Appaiono decisive, al riguardo, le sentenze della Corte di Giustizia appresso richiamate, fatta avvertenza che, per statuizione della stessa Corte, i principi di effettività, di neutralità e di trasparenza, sottesi all'applicazione dell'IVA, valgono tanto per le prestazioni di servizi quanto per la cessione di beni.
Di conseguenza non è inutile ricordare che ogni riferimento ai principi suddetti, fatto dalla Corte di Giustizia in tema di prestazione di servizi, non può che valere, allo stesso modo, anche per le cessioni di beni, inclusi gli immobili.
2/a) Sentenza del 05/02/1981, C-154/80, Soc. Cooperativa AardappelenBWA
Punto 13:Si desume che ... ... "il controvalore è un valore soggettivo, giacchè l'imponibile per la prestazione di servizi (alias: cessione di beni - n.d.r.) è il corrispettivo realmente ricevuto, non già un valore stimato secondo criteri obiettivi".
2/b) Sentenza del 23/11/1988, C-230/87, Naturally your Cosmetic Imt
Punto 16:... ... "si deve ricordare come dalla citata sentenza 5 Febbraio 1981 emerga in primo luogo che il controvalore deve poter essere espresso in denaro e, in secondo luogo, che questo controvalore è un valore soggettivo, poiché l'imponibile è il corrispettivo realmente ricevuto, non già un valore stimato secondo criteri obiettivi" (N.B.: in questo caso si trattava di cessione di beni - n.d.r.).
2/c) Sentenza del 27/03/1990, C-126/88, Boots Company PLC
Punto 19: "tale disposizione (art. 11, A, n. 3; lett. B della Sesta Direttiva - n.d.r.) non è altro che un'applicazione della regola stabilita dall'art. 11, A, n. 1, lett. A della sesta direttiva, come interpretata dalla giurisprudenza della Corte (vedasi, da ultimo, la sentenza 23 Novembre 1988, causa 230/87, NYC), secondo cui la base imponibile è costituita dal corrispettivo effettivamente ricevuto."
2/d) Sentenza del 09/07/1992, C-131/1991, "K" Line Air
Dispositivo:"Le disposizioni della direttiva 17 Maggio 1977, 77/388/CEE, sesta direttiva vanno interpretate nel senso che esse ostano ad una normativa nazionale che istituisca una base imponibile minima dell'IVA diversa da quella risultante dall'art. 11 di questa direttiva." (Sovviene, al riguardo, la contestata disposizione nazionale che stabilisce la base imponibile minima presunta in quanto debba essere almeno pari al mutuo contratto per l'acquisto dell'immobile - n.d.r.).
2/e) Sentenza del 16/10/1997, Fillibeck
Punto 13:"E' altresì giurisprudenza costante che la base imponibile per la cessione di un bene o la prestazione di un servizio è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto a tal fine. Tale corrispettivo costituisce quindi il valore soggettivo, ossia realmente percepito in ogni caso concreto, e non un valore stimato secondo criteri oggettivi ..." (N.B. - segue poi il richiamo di tutte le stesse sentenze sopra richiamate - n.d.r.).
2/f) Sentenza del 29/03/2001, C-404/99, Commissione/Rep. Francese
Punto 38:"Occorre ricordare anzitutto che il corrispettivo ottenuto o da ottenere dal prestatore per la prestazione di un servizio, che costituisce la base imponibile di tale operazione ai sensi dell'art. 11, A, n. 1, lett. A), della sesta direttiva, secondo giurisprudenza, deve essere inteso come il corrispettivo effettivamente ricevuto a tal fine, il quale costituisce un valore soggettivo e non un valore stimato secondo criteri oggettivi" (v. sent. 16/10/1997, C-258/95, Fillibeck, punto 13 e giurisprudenza ivi richiamata).
2/g) Sentenza del 20/01/2005, C-412/03, Hotel Scandic
Punto 28:"A tal riguardo deve rammentarsi che, conformemente alla regola generale enunciata all'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), della sesta direttiva, nella cessione di beni o nella prestazione di servizi la base imponibile è costituita dal corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni".
Dispositivo:"Gli artt. 2, 5 n. 6 e 6 n. 2 lett. b), della sesta direttiva 77/388/CEE ... ostano ad una normativa nazionale che consideri quale prelievo di un bene o quale prestazione di servizi per esigenze private (alias: "autoconsumo" - n.d.r.) operazioni per le quali venga effettivamente versato un corrispettivo, ancorchè tale corrispettivo sia inferiore al prezzo di costo del bene ceduto o del servizio fornito".
Considerazioni necessarie
Atteso quanto precede, appare necessario rilevare che, rispetto ai già censurati casi del valore normale applicato a singole operazioni, l'imposizione IVA dei valori "normalizzati" determinati dagli SDS risulta sicuramente assai più grave in quanto diretta a tassare, in base al "valore normale", l'ammontare complessivo di TUTTI I RICAVI ancorchè eventualmente "corretti", in contraddittorio, con esito necessariamente transattivo così come già riferito in precedenza. E ciò con maggiore spregio dei principi di "neutralità" e "trasparenza" che vedono sconvolti i propri presupposti applicativi fondati sull'effettività (alias: accertata soggettività) dei corrispettivi.
3) Illegittimità dell'inversione dell'onere della prova (presunzione di colpevolezza di evasione fino fa prova contraria)
Richiamato quanto già riferito in merito al punto "2)" delle considerazioni di carattere probatorio in chiusura del precedente paragrafo "I/E", è facile riconoscere che le connotazioni della descritta procedura di applicazione degli S.D.S. unitamente a quella, più specifica, di formazione degli stessi, traduce la sostanziale inversione dell'onere della prova in una vera e propria presunzione di colpevolezza posto che la possibilità di prova contraria (controprova) del contribuente è troppo spesso estremamente difficoltosa a motivo delle descritte gravi limitazioni probatorie.
E ciò, malgrado le contrarie asserzioni dell'A.E., del tutto apodittiche.
a) Al riguardo valga richiamare la posizione assunta - come già in precedenza da codesta Commissione Europea nella causa C-129/2000 (Commissione/Repubblica Italiana) fatta propria anche dalla relativa sentenza 09/12/2003 laddove Essa ha ribadito il principio di validità generale in ordine "ai diritti spettanti ai soggetti in forza del diritto comunitario" per i quali "... ... le modalità procedurali non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio di tali diritti" (p. 18).
b) Sembra pertinente richiamare qui anche la sentenza della Corte di Giustizia del 09 Luglio 2009, C-397/07, Commissione Europea/Regno di Spagna la quale, seppure riferita alla Direttiva 69/335 esprime i seguenti principi di sicura validità anche in tema di IVA:
Punto 29:Il regime speciale controverso non può essere giustificato con la finalità di lotta contro frode e evasioni fiscali. Infatti, conformemente alla giurisprudenza della Corte, nei limiti in cui la direttiva armonizza esaustivamente i casi in cui gli Stati membri possono applicare un'imposta e tale direttiva non contiene alcuna esplicita disposizione che autorizzi gli Stati membri ad adottare MISURE GENERALI per lottare contro L'EVASIONE FISCALE, gli Stati membri possono opporsi all'applicazione del diritto comunitario solo in circostanze SPECIFICHE, che integrino una pratica abusiva o fraudolenta (sentenza 7 giugno 2007, causa C-178/05, Commissione/Grecia, Racc. pag. I-4185, punto 32).
Punto 30:Di conseguenza, come afferma giustamente la Commissione, provvedimenti del genere non possono essere fondati su di un sospetto generale di frodi. Essi possono essere adottati solo CASO PER CASO, per evitare costruzioni di puro artificio, prive di effettività economica e finalizzate a eludere l'imposta normalmente dovuta (v., in tal senso, sentenza 8 novembre 2007, causa C251/06, ING. AUER, Racc. pag. I-9689, punto 44).
Ovviamente in tali casi l'onere della prova della natura fraudolenta o artificiosa dell'operazione di cui trattasi grava sulle autorità nazionali competenti.
II/C) MOTIVI DI INAPPLICABILITA' DI EVENTUALI DEROGHE DELL'U.E.
Lo Stato Italiano ha emanato, integrato e corretto con complessa e incessante determinazione le norme di legge in materia di SDS e l'A.E. italiana ha stabilito le conseguenti norme di prassi con la finalità di contenere le possibili evasioni di reddito imponibile e dell'IVA sullo scenario generale delle operazioni economiche di imprese, arti e professioni.
Ma la legittimità del fine (gettito fiscale) non può giustificare l'illegittimità del mezzo utilizzato dall'A.E. (SDS).
Per quanto qui interessa, valga rammentare che la tassazione in questione avviene normalmente su base "normalizzata" diversificata per settore economico di appartenenza, per dimensione e per area geografica indi sottoposta previamente al vaglio di un contraddittorio con il contribuente che soffre delle già descritte carenze onde giungere - in via consueta - alla tassazione:
- o della stessa base imponibile "normalizzata" come da SDS;
- o di un imponibile patteggiato in via transattiva.
Orbene, non risulta che questa modalità di tassazione dell'IVA possa trovare giustificazione in alcuna parte della direttiva 2006/112/CE.
E non risulta neppure che lo Stato italiano abbia chiesto ed ottenuto una specifica autorizzazione ad introdurre il denunciato regime in deroga alle prescrizioni della novella direttiva come anche interpretate dalla Corte di Giustizia.
Peraltro la possibilità di deroga, prevista dall'art. 395 della direttiva stessa (come da rifusione dell'art. 27, c. 2 della sesta direttiva IVA) non risulta neppure pertinente al denunciato regime IVA italiano essendo essa finalizzata:
- a semplificare la "riscossione" dell'imposta IVA;
- ovvero ad evitare (solo) le "EFFETTIVE" evasioni o elusioni fiscali dovendosi escludere ogni diverso regime applicabile in via generale;
- il tutto senza comunque eccedere quanto strettamente necessario a tal fine secondo il consolidato insegnamento della Corte di Giustizia e quindi senza mortificare i superiori principi del sistema comune dell'IVA.
Una deroga del genere comporterebbe infatti uno sconvolgimento sul piano della neutralità e della trasparenza che costituiscono le pietre miliari dell'IVA.
Una simile deroga, inoltre, incentiverebbe qualsiasi Stato membro a sospendere ogni più difficoltosa azione repressiva dell'evasione "effettiva" dell'IVA per sostituirla con più comodi strumenti standardizzati di tassazione "composti a tavolino" ancorchè rivestiti da discutibili giustificazioni di personalizzazione perseguita solo con un contradditorio con il contribuente laddove "giudice finale" di questa fase risulta essere solo il funzionario dell'A.E.
E ciò in pieno conflitto insanabile con il diritto dell'Ue!

Nota (2): Garbarino, Imposizione ed effettività nel diritto tributario, Padova, 2003, 312 come riportato a pag. 49 e a pag.51 della Relazione Tematica C.C.

Nota (3): N.B. - La Commissione ha inoltre fatto riferimento, in nota, a plurime sentenze della Corte di Giustizia UE riferite agli esaminati casi di base imponibile diversa da quella "soggettivamente" determinata come l'unica legittimamente tassabile, le quali sono qui riferite nel paragrafo dedicato alle pronunce della Corte di Giustizia.

Art. 4

ALLEGATI

- All. 1 - Estratto della Relazione tematica della Suprema Corte di Cassazione 9 luglio 2009, n. 94
- All. 2 - Sentenza della Suprema Corte di Cassazione 18 dicembre 2009, n. 26636
- All. 3 - Sentenza della Suprema Corte di Cassazione 15 giugno 2010, n. 14313
- All. 4 - Circolare A.E. n. 12/E (punto 8.2) del 12 marzo 2010
- All. 5 - Riassunto statistico contribuenti soggetti agli SDS nel periodo d'imposta 2008

Art. 5

Allegato - Note di memoria in ordine alla Denuncia n. 7

COMMISSIONE PER L'ESAME DELLA COMPATIBILITÀ COMUNITARIA DI LEGGI E PRASSI FISCALI ITALIANE
IN SENO AIDC - MILANO
NOTE DI MEMORIA IN ORDINE ALLA DENUNCIA N. 7
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE DEL PRESIDENTE RELATORE IN ORDINE ALLA DENUNCIA DEGLI STUDI DI SETTORE AI FINI IVA
(DENUNCIA N. 7)
1) La denuncia
La Commissione per l'esame della compatibilità comunitaria di leggi e prassi fiscali italiane (Commissione AIDC) ha denunciato, alla Commissione Europea, (v. relativa denuncia ed allegati sul sito AIDC - Milano), la normativa sugli "Studi di settore" (SDS) ai fini dell'IVA. A risultanza dei motivi provatamente riferiti, è stato fatto rilevare come il essenzialmente su vietate elaborazioni statistiche incomprensibili e, come tali, non opponibili nonché su un successivo contradditorio con il contribuente chiamato a dar prova (spesso molto difficile o impossibile) della veridicità dei ricavi annui dichiarati rispetto a quelli di derivazione statistica. .
Al riguardo è stato infine rimarcato come detta procedura risponda solo apparentemente (nominalisticamente) alla necessità di una personalizzazione dei ricavi trattandosi conclusivamente:
- o di riconfermare il dato statistico;
- o di transigere (patteggiare) un valore annuo di ricavi intermedio fra questo e quello dichiarato.
E' stato quindi denunciato che, .
2) La risposta della competente Unità IVA della Commissione Europea
, l'unità operativa della Commissione europea, investita dell'esame della ripetuta denuncia, riferiva quanto rilevato dalla prima esaminatrice responsabile, ovverossia:
a) che detti problemi si riferiscono a questioni di controllo tributario e di riscossione e che, dunque, non rientrano nell'ambito della direttiva IVA e che non esistono norme UE comuni a tale proposito;
b) che l'esclusione dell'applicazione automatica degli SDS è chiarita nella sentenza della Corte di Cassazione allegata alla nostra denuncia (Sentenza n° 26636/2009) dove è sostenuto che la presunzione semplice (costituita dagli SDS) trova i requisiti di "gravità, precisione e concordanza" in esito al contradditorio da attivare obbligatoriamente;
c) che non si può ritenere che, al contribuente, non manchino mezzi probatori per spiegare alcuni acquisti nel caso in cui un reddito dichiarato ufficialmente non possa spiegare questi ultimi;
d) che gli Stati membri hanno l'obbligo di garantire una riscossione effettiva dell'IVA;
e) che non è, pertanto, intenzione della suddetta unità operativa, consigliare alla Commissione europea, di avviare un procedimento di infrazione contro lo Stato italiano in relazione agli SDS, salvo ricevere nuove informazioni in grado di comprovare la presunta infrazione dello Stato stesso.
3) Le necessarie osservazioni della Commissione di Studio AIDC
Per il riguardo istituzionale dovuto alla prima unità operativa esaminatrice della Commissione europea, deve ritenersi che la grande complessità della materia (SDS) abbia potuto la necessaria fra elementi ed aspetti comunitariamente rispetto a quelli comunitariamente ed abbia altresì potuto generare l'evidente in ordine ai motivi esposti esposti in denuncia.
La competente Commissione di studio AIDC ha espresso preoccupazione sul che proprio la crescente .
Detto pericolo impone di esporre subito le seguenti brevissime osservazioni in relazione alle argomentazioni svolte dalla responsabile del primo esame europeo così come sopra riferite, :
a) non è difficile rilevare che la questione la quale non può confliggere con i dettami della Direttiva 2006/112/CE e con le Sentenze della Corte di Giustizia invocate in denuncia.
b) Salvo commentare in altra sede le conclusioni della Corte di Cassazione italiana, qui occorre solo rilevare che, alla denuncia, è stata allegata anche altra Sentenza della Corte di Cassazione (n° 14313/2010) la quale conferma che la proposta dell'Amministrazione Finanziaria in sede di controllo preliminare in tema di SDS è volta a pervenire ad un ACCORDO TRANSATTIVO con il contribuente, il tutto come precisato anche nella relazione tematica della stessa Corte di Cassazione n° 94/2009 allegata alla denuncia.
.
c) E' già stato riferito (in denuncia) come a pag. 50 e 51 della citata Relazione Tematica della Corte di Cassazione (ivi allegata) sia stato rilevato che , a causa della loro complessa natura statistico matematica, .
I riferimenti .
d) Non vi è alcunché da obiettare sull'obbligo degli Stati membri di garantire la riscossione. Ma in materia di IVA detto obbligo essere assolto su base statistica per poi "personalizzare" il risultato in via transattiva con il contribuente. Questa affermazione, peraltro, conferma delle motivazioni dell'archiviazione con i motivi della denuncia.
e) La Commissione, consapevole del fondamento della denunzia, confida invece che l'esito di un esame da parte della Corte di Giustizia sarebbe invero diametralmente opposto. Ma, affinchè questa condizione risulti verificata, i motivi della denuncia, se non la denuncia stessa (magari allegata al ricorso), debbono essere fatti valere dal contribuente .
(Dott. Joseph Holzmiller)

Art. 6

Estratto del verbale della riunione del 28 settembre 2011

Art. 7

Note allegate al verbale della riunione del 28 settembre 2011