AIDC - Sezione di Milano

Norme di comportamento N.200
Limiti all’accertamento posticipato


Al fine dell’accertamento delle imposte sui redditi e assimilate, nel valutare le ripercussioni di eventi intervenuti in periodi d’imposta per i quali sia spirato il termine di decadenza, il contribuente non può essere gravato da un onere probatorio eccedente quello previsto per  legge sul piano degli obblighi di conservazione documentale. In tali ipotesi, pertanto, il contribuente può comprovare la correttezza del proprio operato avvalendosi di ogni ragionevole mezzo di prova, individuabile nelle scritture contabili e ausiliarie, nelle dichiarazioni dei redditi dei periodi d’imposta ancora accertabili, nei contratti, nelle perizie e in qualsiasi ulteriore documentazione del cui obbligo di conservazione il contribuente sia ancora gravato, ovvero sia stato oggetto di volontaria conservazione, anche oltre.

L’accertamento della dichiarazione dei redditi è legittimo anche quando non comporti incrementi dell’imponibile dell’esercizio oggetto di verifica, ma, determinando conseguenze sulle obbligazioni fiscali future, consenta di orientare il corretto svolgimento del rapporto fiscale. Esempio di accertamento “anticipato” è quello che concerne la corretta capitalizzazione di un costo nell’esercizio in cui non sia ancora iniziato l’ammortamento.

Similmente, possono essere formulate contestazioni riguardanti gli effetti sull’imponibile, o sull’imposta dovuta, per il periodo sottoposto a verifica, prodotti da situazioni fiscali che hanno avuto origine in un periodo d’imposta precedente. In tal caso, viene “riaperto” il periodo d’imposta precedente, con il correlato obbligo da parte del contribuente di comprovare il corretto trattamento della posta. Esempio di accertamento “posticipato” (o “postumo”), è l’accertamento della corretta capitalizzazione di un costo che intervenga in un esercizio successivo a quello in cui il costo è stato capitalizzato, quando sia già iniziato il processo di ammortamento.
L’accertamento “posticipato” incontra un limite nel termine fissato dall’articolo 43 del Dpr 600/1973, il quale prescrive che gli avvisi di accertamento debbano essere notificati “a pena di decadenza” entro il termine ivi indicato. È questo il termine entro il quale il contribuente deve essere in grado di comprovare la correttezza della propria dichiarazione, attraverso tutta la documentazione necessaria e idonea.

Pur prendendo atto che l’imprenditore è tenuto, a norma dell’articolo 2220 del Codice Civile, a conservare le scritture contabili per dieci anni dalla data dell’ultima registrazione (e che per lo stesso periodo devono conservarsi le fatture attive e passive, le lettere spedite e ricevute e i telegrammi spediti e ricevuti), occorre rilevare che si tratta di un obbligo civilistico che non comporta un corrispondente allungamento del periodo in cui il contribuente è tenuto a dimostrare la correttezza della propria dichiarazione dei redditi, che è fissato dall’articolo 43 sopra richiamato. 

Si deve poi tenere conto anche dell’articolo 22, comma 2, Dpr 600/1973, il quale dispone che le scritture contabili obbligatorie devono essere conservate “fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo d’imposta, anche oltre il termine stabilito dall’art. 2220 del codice civile o da altre leggi tributarie” e dell’articolo 8, comma 5, della Legge 212/2000, il quale dispone che l’obbligo di conservazione degli atti e dei documenti stabiliti agli effetti tributari non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o formazione. Peraltro, l’obbligo di conservazione della documentazione contabile e tributaria oltre il termine decennale di cui all’articolo 2220 del Codice Civile, non rappresentando un principio di carattere generale, non trova applicazione quando il termine per l’accertamento sia spirato prima che l’avviso di accertamento sia stato notificato. Si tratta di un termine efficace solo quando l’accertamento sia notificato prima del termine di decadenza e non sia stato ancora definito allo spirare del decimo anno. Una diversa applicazione del precetto, infatti, determinerebbe il protrarsi indefinito dell’obbligo di conservazione delle scritture, anche oltre il periodo decennale, in quanto discrezionale.

In conclusione, quando l’evento originario risalga a un periodo non più accertabile, l’onere della prova relativo alle poste imputate nei periodi successivi all’evento originario – ovvero ai periodi ancora accertabili - è assolvibile sulla base della produzione da parte del contribuente di un’ordinata e coerente documentazione contabile e tributaria riguardante i periodi di imposta per i quali sono ancora pendenti i termini di conservazione obbligatoria delle scritture e della documentazione contabile e tributaria. Così, ad esempio, per comprovare la corretta deduzione di quote di ammortamento di beni strumentali acquistati in un esercizio non più accertabile, il contribuente è chiamato a produrre un’ordinata e regolare tenuta delle scritture contabili, comprensiva del Registro dei beni ammortizzabili previsto dall’articolo 16 del Dpr 600/1973 o del Libro degli inventari, ove opportunamente integrato ai sensi di legge, mentre non è gravato dall’obbligo di produrre documenti risalenti all’esercizio in cui il bene è stato acquistato, quando sia spirato il termine di decadenza dell’accertamento relativo a quel periodo d’imposta.